Milano

Pd, a Milano e in Lombardia candidati Boschi, Tabacci e Fedeli: le proteste della base per le esclusioni

La lunga notte delle liste al Nazareno porta polemiche e proteste a Milano: esclusa Quartapelle, deputata molto attiva in città, mentre entra Mattia Mor, imprenditore molto amico di Renzi
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Delusioni, proteste a mezza voce e, di rimando, sui social. La lunga notte delle liste è piombata su Milano e sulla Lombardia, agitando non poco le fila del Pd, proprio in una delle regioni considerate ancora tra le poche roccaforti dei dem, almeno per alcuni collegi sicuri. E sono proprio le mosse decise a Roma dal segretario Matteo Renzi su quei collegi a mettere ora in agitazione le segreterie locali e soprattutto i militanti. Che dicono: "No ai paracadutati, Renzi ha falcidiato la sinistra". Netto il sindaco Sala: "Milano non è un tram per Roma, chi prende i voti qui ha un impegno nei confronti della città".

Nella notte, infatti, diverse cose sono cambiate nei collegi che sembravano già definiti, creando effetti a catena. Bruno Tabacci, l'ex assessore al Bilancio dell'era Pisapia - che ha offerto la sponda alla lista di Emma Bonino +Europa - sarà capolista alla Camera all'uninominale nel collegio Milano 1. Stessa posizione, ma a Milano 2, per il ministro Maurizio Martina, vicesegretario del Pd, che corre anche nella sua Bergamo con il plurinominale. Nel collegio Milano 3, a sorpresa, è capolista l'imprenditore Mattia Mor, che così scalza la deputata uscente Lia Quartapelle. Mor - considerato molto vicino a Renzi, una carriera da imprenditore ma con trascorsi in tv, tra Uomini e Donne e Il grande Fratello - sembra essere al momento uno dei nomi meno digeriti dalla base dem di Milano: "Vediamo quanti militanti gli faranno la campagna elettorale", si imbufaliscono sui social, soprattutto perché questa scelta ha escluso Quartapelle, che non solo in questi anni ha maturato esperienza parlamentare in diverse missioni estere, ma ha mantenuto un saldo legame con la città, tanto da aver già iniziato la sua campagna elettorale, nelle scorse settimane. Al momento sembrerebbe "recuperata" nel plurinominale a Ferrara, in Emilia, quindi in una posizione tutt'altro che certa, ma sembra ci siano molti movimenti sotto traccia per modificare almeno questa scelta. Tra gli altri candidati nell'uninominale alla Camera, Emilia De Biasi, Sara Valmaggi, Angelo Capelli.

Polemiche, ovviamente, anche per la scelta di far correre la ministra Maria Elena Boschi in Lombardia: alla Camera, nel collegio di Cremona e Mantova, mentre il renzianissimo Lorenzo Guerini è nella casella di Pavia-Lodi (da dove arriva), prima di Maria Chiara Gadda e Matteo Colaninno. Collegio considerato sicuro quello di Emanuele Fiano, capolista nel plurinominale a Milano 3, davanti all'avvocata Lisa Noja e a Ivan Scalfarotto, che per la seconda volta viene candidato a Milano. Noja è invece capolista nel collegio di Abbiategrasso e Legnano, davanti a un altro uscente, Vinicio Peluffo.

Deroga ottenuta per Barbara Pollastrini, che aveva già raggiunto il limite dei mandati: corre nel plurinominale a Monza, alla Camera. Capolista, ma nel collegio di Bollate-Sesto San Giovanni, Matteo Mauri (dietro di lui c'è anche Gianfranco Librandi). Valeria Fedeli, la ministra dell'Istruzione uscente, conquista un posto nel plurinominale al Senato, nel collegio Lombardia 1, mentre un altro uscente, Franco Mirabelli, sarà in Lombardia 5, davanti a Simona Malpezzi, Roberto Rampi, Cherubina Bertola. Sempre per il Senato, è candidato a Milano nell'uninominale l'ex condirettore di Repubblica Tommaso Cerno. Ancora, al Senato (Lombardia 3 plurinominale) c'è il segretario lombardo Alessandro Alfieri (che è anche nell'uninominale a Varese), davanti a Caterina Bini e Roberto Cociancich, mentre nel collegio Lombardia 4 corrono Tommaso Nannicini, Simona Malpezzi, Eugenio Comincini, Diana De Marchi. Collegio uninominale al Senato (Mantova) per Paolo Alli, ex fedelissimo di Formigoni, passato dagli alfaniani alla lista centrista di Beatrice Lorenzin.

I malumori, si è detto, sono tanti, soprattutto perché adesso si tratterà di convincere la base a fare campagna anche per candidati poco radicati sul territorio. E molti ricordano quando soltanto due settimane fa il sindaco di Milano Beppe Sala, davanti a Matteo Renzi e Carlo Calenda (che proprio in queste ore ha manifestato le sue perplessità sulle liste) aveva detto chiaramente: "Chiedo a Renzi una cosa: che chi viene scelto per candidarsi a Milano, sia esso milanese o no, sappia che poi se viene eletto si occuperà di politiche del Paese, ma che Milano non è solo un tram che si prende per arrivare Roma. Bisogna ricordarsi da dove si è partiti - ha concluso -, chi prende la fiducia dei milanesi li deve rappresentare anche a Roma". Parole ripetute oggi: "Chi prende voti qua, che sia milanese o venga da fuori, ha un impegno nei confronti della città. In ogni caso vorrei commentare a liste chiuse".

E proprio un assessore della giunta Sala, Pierfrancesco Majorino (minoranza Pd), commenta duramente su Facebook: "Con un sistema elettorale certamente diverso il PD aveva dato vita, in occasione della scorsa tornata elettorale, alle parlamentarie per scegliere buona parte dei candidati dal "basso". Molti ne parlarono male. Cercando di capire cosa sia successo stanotte in Direzione mi sento di dire che le rimpiangeremo. Visto che - tra qualche buona innovazione - ci troveremo in lista persone che una preferenza non la hanno mai presa nemmeno per essere eletti come rappresentanti di classe. Non aver fatto nessuna selezione vera dal territorio non mi pare abbia partorito un grande risultato".
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