Berlusconi, il peso della condanna

Va indietro l’orologio della giustizia. Scema il valore stesso della parola “giustizia”. Dovrebbe essere neutro, garantito dalla Costituzione, universalmente condiviso. Quasi fosse un undicesimo comandamento. È divenuto lasco, politicamente trattabile, moralmente incerto, sostanzialmente inutile. Nella trattativa con se stessi sono finiti prima il Pd, poi i 5stelle. Prima bastava solo un avviso di garanzia, poco dopo un rinvio a giudizio dovevano costringere un politico a farsi da parte. Poi lo step è diventato la condanna di primo grado. Poi ancora quella definitiva. Ma come dimostra il caso di Berlusconi anche quella traballa. Condannato nel 2013 per frode fiscale, messo fuori dal Senato, divenuto ineleggibile, continua a essere un protagonista della vita politica. Alleato di Renzi, quando lui diventa premier. Non è certo Helmut Kohl che dopo il 1999, per via dello scandalo dei finanziamenti illegali alla Cdu, abbandona il parterre che lo ha visto protagonista e dominus per anni.
No, in Italia non funziona per nulla così. Tant’è che appena esce la notizia della richiesta di riabilitazione presentata da Berlusconi a Milano nessuno si stupisce o ironizza su un condannato a 4 anni per frode fiscale, che ha scontato un solo anno grazie all’indulto, che dà battaglia a una legge giusta come la Severino, che è tuttora sotto processo per corruzione di testimone in una vicenda amorale come il caso Ruby, dove già i fatti (feste e festini) e la grottesca difesa (la ragazza nipote di Mubarak) avrebbero già dovuto rappresentare motivo sufficiente per un’eterna emarginazione politica.
Ma appunto, i tempi sono cambiati. Dall’entusiasmo per Mani pulite siamo passati all’imbarazzo per Mani pulite, quasi una sorta di fastidio per quella pagina giudiziaria che ha azzerato una classe politica che gestiva senza scrupoli il denaro, a fini di partito, ma anche privati. Adesso Berlusconi chiede di essere riabilitato, anche se basta una rassegna stampa per scoprire che ha quattro processi per corruzione di testimone e che è tuttora aperta la pagina delle indagini sui suoi rapporti con Cosa nostra. Ma i grandi magistrati tacciono. Certo, pronunciarsi quando è in ballo il futuro giudizio di un altro collega può portare a un’indagine disciplinare, e di questi tempi, come dimostrano i casi Woodcock e Zucca, non si aspetta altro per imbavagliare le toghe.
Però c’è chi, come l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo, ora alla procura nazionale antimafia, ha il coraggio di dire semplicemente la verità. Mercoledì 4 aprile lo ha fatto in Campidoglio, durante un convegno sulla mafia: «Nonostante in una sentenza definitiva ci sia scritto che Silvio Berlusconi ha mantenuto e rispettato almeno dal 1974 al 1992 i patti stipulati con Cosa nostra grazie all'intermediazione di Dell'Utri, ancora oggi questa persona esercita un ruolo assolutamente importante e assume ruoli decisivi nella politica nazionale anche di stretta attualità». Punto. Non c’è bisogno di dire altro. Solo due domande. La prima: di quale riabilitazione stiamo parlando? La seconda: quale toga potrebbe concedergliela?

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205 commenti

  • Domenico Corradini H. Broussard 12 maggio 2018 alle 17:57

    Altro ha detto e altro ha fatto, Liana Milella, il Tribunale di Sorveglianza di Milano che motivando a B ha concesso la riabilitazione con cessazione degli effetti della legge Severino, prima applicati per la frode in Mediaset. Altro rispetto a quel che lei scrive alla fine del suo post d’apertura. Non metterei il punto, ma la virgola, dopo le citate parole di Di Matteo al Campidoglio 4 aprile.

    Vedremo che faranno il Procuratore Generale di Milano e i suoi Collaboratori. La Cassazione? E vedremo che farà la Cassazione per la decisione del Tribunale di Sorveglianza.

    Il ragionamento giuridico a me pare viziato o inesistente se sostituito dal moralismo.

  • Salvo errore, la legge prevede che la sentenza che dichiara la riabilitazione è revocata di diritto quando la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni od un’altra pena più grave.
    Non se ci sia una pronuncia della Cassazione che ritenga applicabile la revoca della riabiltazione anche nel caso che il delitto, per il quale viene inflitta questa "seconda" pena, sia commesso tra la "prima" condanna (per la quale è stata concessa la riabiltazione) e i sette anni successivi alla sentenza riabilitativa. Ciò mi sembrerebbe doveroso ed equo.
    Se così, però, non fosse, personalmente, non escluderei una eventuale incostituzionalità di questa disosizione.

  • cari frequentatori
    ritornando dal Futuro e soffrendo ancora di “ time travel lag” ho erroneamente scritto Aprile invece di Maggio , sorry .
    quello che però posso con sicurezza testimoniare è che :
    nel 2048 la Democrazia in Italia è stata definitivamente rimpiazzata dalla Idiocrazia , Silvio è stato fatto Santo e il 12 Maggio è anche appropriatamente chiamato : la Festa degli Idioti .

  • salve Marino52, mi rimanda il suo post su Sb con una piccola modifica così ripartiamo da questo blog... grazie. l'ho chiesto anche agli altri che avevano già scritto oggi. buona serata