Napoli

De Magistris, l'intollerabile silenzio

L'editoriale

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«Il dialogo in politica e tra le istituzioni è il sale della democrazia», ha detto Luigi de Magistris incontrando alla Camera il candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio. Belle parole. Ma, appunto, soltanto parole. Mentre le pronunciava, infatti, il sindaco non spendeva neppure una sillaba per esprimere solidarietà a Susanna Camusso e Massimo D’Alema, vittime, quello stesso giorno a Napoli, di un atto di intimidazione di collettivi e centri sociali.

Gruppi organizzati hanno impedito di parlare ai leader della Cgil e di Mdp, invitati a un convegno all’università Federico II. Un’irruzione, il solito slogan: “Jatevenne”. Nessuno, per quanto forte possa essere il disagio sociale che vive, può arrogarsi il diritto di decidere chi può parlare e chi no. In piazza sono quasi sempre gli stessi, con identiche modalità antidemocratiche. L’ultimo episodio è accaduto giovedì scorso e da quel giorno il sindaco della terza città d’Italia – medaglia d’oro della Resistenza come spesso, opportunamente, viene ricordato – ha parlato di tutto, tranne che dell’ennesima, plateale manifestazione di intolleranza.  Non è la prima volta che accade a Napoli e purtroppo, visti i precedenti, non sarà l’ultima: Renzi, Salvini, il presidente della Regione De Luca, ora D’Alema e Camusso: poi, chi altro?

Napoli non è questa ma rischia di essere oscurata da un’ingiusta immagine, perché è, di fatto, l’unica città d’Italia in cui accadono con tale frequenza cose del genere. Dal mondo del precariato giovanile e dei centri sociali il sindaco trae consenso. Ciò non può impedirgli di prendere le distanze dalle manifestazioni, che calpestano il diritto al libero confronto. Lo hanno fatto tutti, ministri, esponenti politici di maggioranza e opposizione. De Magistris invece tace ancora ed è stato un ulteriore atto di scortesia istituzionale non avere inviato neanche un cenno di saluto a Susanna Camusso, tornata ieri a Napoli per un convegno.

Se non intraprende con decisione una strada diversa, praticando nei fatti il dialogo; se continua consapevolmente a rinchiudersi in un recinto di minoranza, senza reali aperture a una più larga area progressista, de Magistris commette un errore e soprattutto arreca un danno alla città. Napoli non è il suo laboratorio politico e i cittadini chiedono al sindaco solo una buona amministrazione, che viene prima di ogni pur legittima aspirazione personale. D’altra parte, se pure volesse allargare lo sguardo oltre i confini locali, D’Alema e Camusso non sono, anch’essi, naturali e di fatto necessitati interlocutori di chi si pone nel campo di una sinistra così tormentata e frammentata?

Al silenzio di de Magistris corrisponde il fragore del Pd, il principale, involontario azionista delle fortune del sindaco. Coerenti con se stessi, i Democratici hanno trasformato il congresso provinciale del partito in una rissa. Anzi una “farsa”, come alcuni nel Pd affermano. Tutti urlano, nessuno parla con i cittadini: ecco un caso in cui, alle polemiche, sarebbe preferibile un operoso silenzio.