Napoli

La sfida di Daoud, il Saviano algerino: "Isis e camorra, nuovi fascismi"

Lo scrittore presenta al Pan il suo nuovo libro "Le mie indipendenze"

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Sala piena al Pan per l'incontro con Kamel Daoud, considerato “Il Saviano algerino”. Lo scrittore e giornalista 47enne sta pagando con l’esilio dal suo paese e le critiche in Occidente le posizioni libere sull’Islam e la radicalizzazione religiosa: Daoud è oggetto di una fatwa da parte di un imam salafita ma è stato anche definito islamobofo, destinatario di una sorta di “fatwa occidentale”, da parte di intellettuali progressisti su Le Monde per aver criticato i fatti del Capodanno a Colonia. Daoud, che scrive per grandi quotidiani nel mondo come il “New York Times” e in Italia per “La Repubblica”, è stato al mattino al Pan in via dei Mille alle 11 per presentare il libro “Le mie indipendenze” (La nave di Teseo) che raccoglie oltre 400 articoli scritti dal 2010 al 2016, nella sua rubrica su “Le Quotidien d’Oran”. All’incontro con l’autore sono intervenuti Titta Fiore, capo del settore cultura e spettacoli de “Il Mattino” e Ottavio Ragone, capo redattore dell’edizione napoletana di “Repubblica”.

L’appuntamento è un’iniziativa del Comitato liber@arte di Guida editori, Rogiosi editore e Alessandro Polidoro editore per le anteprime del nuovo salone del libro “Napoli Città Libro”, diretto da Francesco Durante, che si terrà dal 24 al 27 maggio a San Domenico Maggiore.

Daoud per il suo coraggio è spesso paragonato a Saviano, ma ci sono somiglianze tra la dittatura dell’Isis e quella della camorra?

«Sono simili, ma non uguali - spiega appena sbarcato all’aeroporto di Capodichino - sono entrambi dei nuovi fascismi, ma c’è una differenza: l’islamismo è soprattutto una dominazione politica, non solo religiosa, vuole controllare tutto l’uomo, la morte e il sesso. Tutti siamo minacciati dal terrorismo, è un nuovo fascismo, è assurdo che persone come me debbano fuggire come un criminale quando i criminali sono i terroristi. Il compito degli intellettuali è quello di continuare a denunciare, non si può lasciare la parola agli estremismi, bisogna scrivere e parlarne. Ci sono persone nel mio paese che con le azioni sono ancora più coraggiose di me».

Le prime vittime dell’islamismo sono i musulmani, e l’attentato di venerdì nella moschea sufi in Egitto secondo Daoud lo conferma: «L’attentato in Egitto ricorda che noi tutti dobbiamo prendere la parola e denunciare, non è sufficiente dire “quello non è l’Islam”, bisogna assumersi la responsabilità rispetto a questo mostro a due teste: figlio dell’Islam ma anche creatura occidentale».

Daoud, nel 2015 ha vinto il Prix Goncourt per “Il caso Meursault”, tradotto in oltre 30 lingue, sequel ideale dal punto di vista del personaggio dell’arabo de “Lo straniero” di Camus. Il fulcro per capire l’Islam oggi è il rapporto morboso con la donna: «Ci vuole una rivoluzione culturale nel mondo arabo e leggi più severe nel mondo occidentale dove il velo della donna è proprio il corpo. Il primo passo è parlarne, è soprattutto l’uomo a doversi purificare e guarire da questo desiderio morboso e perverso». Perchè le minacce degli islamisti e le critiche dall’élite progressiste in Europa per presunta islamofobia? «Vuol dire che ho toccato dei nervi scoperti, ci sono persone che vogliono parlare al mio posto, ma io non lo permetterò». E sul culto della morte che in qualche modo accomuna anche Napoli al Medio Oriente, Daoud chiosa: «Con Napoli condividiamo la mediterraneità, siamo come una nazionalità a parte».