Napoli

Potenza, ordinanza sull’accattonaggio: l’appello di Don Marcello Cozzi e il disaccordo di “Liberi e uguali” e M5S

Le multe per chi chiede l’elemosina nei luoghi pubblici scuote la società civile e la politica. Le associazioni e i consiglieri comunali: “L’ordinanza non risolve il problema della povertà e dell’inclusione”

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"Questa non è la mia città. La mia città accoglie, non respinge, spalanca le braccia non incatena le mani. Apre non chiude. Costruisce giardini, non alza muri. Contrasta gli sfruttatori, non gli sfruttati”. È affidato alle parole di Don Marcello Cozzi, di Libera nazionale e presidente dell’associazione Cestrim Onlus  - che si occupa di antiusura, vittime di tratta, accoglienza, ricerca, cultura e formazione  - l’appello di chi si oppone all’ordinanza del sindaco di Potenza per contrastare l’accattonaggio: fino a 500 euro di multa per chi chiede l’elemosina in strada.

Il provvedimento sta creando non poche polemiche.  “Il vero decoro non si ottiene allontanando chi vive un disagio ma combattendo il disagio. Il vero decoro è quello che consente alle persone, tutte, di vivere socialmente i quartieri, il centro storico, le piazze ed i mercati”, dicono le associazioni Equomondo, Famiglie Fuori Gioco, Insieme, Le Ali di Frida, Reset, Unidea, Cestrim, Cnca Basilicata, Libera Basilicata, Optì Pobà e Osservatorio migranti.

“In piena campagna elettorale  - affermano - non si fa fatica a comprendere che la sicurezza e l’ordine pubblico siano le parole chiave per inseguire consensi. L’ordinanza non rappresenta l’esito di una riflessione sulla vivibilità della città e sulle forme di esclusione sociale quanto un avanzamento strategico nella guerra ai poveri e agli ultimi, chiunque finisca nei gradini più bassi della società. Povertà, disagio sociale e criminalità si mescolano in un unico calderone in nome del decoro urbano. Di fronte al completo fallimento di politiche sociali inclusive l’unica strada è quella di nascondere la polvere sotto il tappeto: colpire i poveri, allontanarli dallo spazio urbano, espellere coloro che il sistema non è più in grado di includere, o almeno nascondere dallo spazio fruibile e visibile dal cittadino – elettore - consumatore.

Il provvedimento- continuano - è stato adottato dopo le numerose segnalazioni giunte all’amministrazione. Come membri e rappresentanti di associazioni impegnate nel sociale e nella promozione della cultura, nella lotta alla marginalità e al razzismo, e come cittadini, anche noi abbiamo una richiesta da rivolgere all’amministrazione: chiediamo un momento di confronto per riflette su concrete possibilità per combattere l’esclusione della fasce svantaggiate di fronte alla necessità di giustizia sociale ed equità”.

Non è solo la società civile ad essere in disaccordo con quanto deciso dal primo cittadino. I consiglieri comunali del Gruppo progressisti per Potenza “Liberi e Uguali” Bianca Andretta, Giampiero Iudicello, Angela Blasi e Donato Nolè precisano che “l’ordinanza con la quale il sindaco affronta il problema dell’ accattonaggio non  è stata con noi condivisa e non ci trova d’accordo. Passa un messaggio culturale sbagliato – affermano - Non bisogna combattere i poveri ma contrastare la povertà. La comunità va aiutata in due direzioni: riflettere per discernere i veri bisogni e, in secondo luogo,  promuovere e sostenere forme dignitose  e concrete di aiuto a chi ha veramente bisogno. È vero che dietro alcuni episodi si cela il controllo e la gestione di organizzazioni malavitose che costringono  a mendicare riscuotendo le “entrate” e che in alcuni casi le modalità del mendicare possono risultare penalmente rilevanti, ma non è possibile generalizzare e sminuire il concetto di solidarietà. Dietro quei volti ci sono disperazione e miseria. Noi abbiamo il dovere di contrastare la povertà e le diseguaglianze non condannando indiscriminatamente chi chiede umana solidarietà”.

Anche il consigliere comunale del Movimento 5 stelle, Saverio Giannizzari, usa parole di disapprovazione: “Un’ordinanza che sembra voler calmare solo il malessere diffuso in città eludendo per l’ennesima volta il problema. L’accattonaggio di cui si parla nel provvedimento è rappresentato, sul territorio cittadino, esclusivamente dagli extracomunitari che sostano nei luoghi maggiormente frequentati e per l’ennesima volta aggira il problema senza affrontarlo”. E aggiunge: “Con quali forze di sicurezza, pur ammettendone l’efficacia che non si intravede in alcuna delle iniziative citate nell’ordinanza, dai sei mesi di attuazione (come se l’accattonaggio fosse un fenomeno a scadenza) alla sanzione amministrativa (da soddisfare con l’elemosina), s’intende operare la funzione di controllo, se il personale di polizia municipale destinato a tale mansione sembra sottodimensionato? Iniziative del genere dovrebbero avere contezza della reale situazione della città, prima di intervenire con provvedimenti avulsi dal contesto che funzionano da detrattori di malumore più che da risolutori di problematiche, rispetto alle quali dovrebbero essere chiamati in causa tutti i protagonisti della cosiddetta “accoglienza”.

Rimangono così disattese quelle disposizioni che si riferiscono alla sicurezza urbana in termini generali e che richiamano anche al decoro oltre che alla regolamentazione, come la vendita ambulante abusiva praticata in ogni dove che risulta certamente impattante  oltre che illecita negli spazi pubblici e diventata oramai “strutturata” perpetuandosi da lungo tempo in diverse zone della città”.

Sicurezza e decoro urbano. Parole che stridono con quelle di don Marcello, che nel suo appello continua: “La mia città chiede da dove vengono i poveri, si indigna per le umiliazioni che hanno subito, monta di rabbia per le guerre che li hanno messi in fuga, urla contro il sistema che li scarta, chiede conto a chi ne fa un affare e a chi specula sulle loro fatiche, scende in piazza per un lavoro che manca a tutti. La mia città – prosegue – tutela il diritto alla sicurezza senza mortificare il diritto alla sopravvivenza. La mia città dialoga, entra nei problemi, risale alle origini del disagio, mette al primo posto la persona, ogni persona. Non prova fastidio per le mani tese ma per le mani in tasca. Privilegia la dignità al decoro. Non crea guerre fra poveri e non dichiara guerra ai poveri ma alla povertà. La mia città proclama illegale la miseria non le sue vittime. Rimuove i problemi non le persone. Sanziona le cause non i suoi effetti. Questa, dunque – conclude - non è la mia città”.