Napoli

Napoli, continua la prostituzione maschile al Centro direzionale

Ragazzi italiani e stranieri tra miseria e paura
 

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 "Ho 23 anni e sono della provincia di napoli. Sono stato sposato e poi ho divorziato perchè facevo sempre tardi. Dicevo che andavo a fare il parcheggiatore e invece andavo a prostituirmi al centro direzionale per portare il pane a casa". Comincia così il racconto di Genny (nome di fantasia), all'agenzia Dire. Genny è uno dei tanti ragazzi che la sera è possibile incontrare su corso meridionale, grande arteria cittadina a ridosso della stazione centrale di Napoli.

Italiani, nord africani, slavi: sono loro 'i ragazzi del perimetro', quelli che si prostituiscono all'ombra delle torri della cittadella del centro direzionale, l'avveniristico quartiere disegnato dall'architetto giapponese Kenzo Tange schiacciato tra la grande stazione ferroviaria di piazza Garibaldi e il carcere di Poggioreale.

È Questa una delle zone della città che forse meglio di altre disegna le grandi contraddizioni del capoluogo partenopeo. Di giorno, come in un enorme formicaio, tra i grattacieli del quartiere si muovono impiegati, professionisti, dirigenti, politici, avvocati e magistrati. Il centro direzionale è, infatti, sede di uffici privati, del consiglio regionale e del tribunale di napoli. Dalle 9 alle 17 è tutto un viavai di valigette 24 ore, di donne in tailleur e uomini in giacca e cravatta. Poco dopo le 18, però, lo scenario cambia. I grandi viali del centro si svuotano e lungo i suoi confini appaiono i ragazzi pronti a vendere l'unica cosa che possiedono: se stessi.

"La tariffa è trenta euro ma si può arrivare a 100 in base alle richieste", spiega ancora Genny. "La media dei miei clienti ha 40 anni: sono dottori, avvocati, medici. Mi chiamano una volta al mese, ma se non ti fai sentire per un pò la storia va a finire. Sono anche su internet su un sito di incontri".
John ha 30 anni, è ivoriano ed è arrivato in Italia due anni fa su uno dei tanti barconi della speranza. I suoi lavori precari e saltuari non bastano a mantenere la famiglia rimasta in Sicilia.

Khaled (nome di fantasia), invece, è di Salerno, vive con la mia famiglia, ha 25 anni e lavora in una pizzeria", racconta. "Se la mia famiglia scoprisse che sono omosessuale mi metterebbe fuori casa", spiega. "Sono musulmani osservanti e non accetteranno mai la mia condizione". Anche Khaled è credente: "Se Dio mi ha creato così allora vuol dire che mi ama così come sono e io amo lui".

"A volte un pò di paura c'è, non sai mai chi ti ritrovi di fronte", dice Genny. Ma non ci sono solo i clienti da cui guardarsi. "A volte arrivano i ragazzi del quartiere che ci cacciano, hanno anche le mazze. Non vogliono che stiamo qui perchè loro ci abitano".