Napoli

San Gennaro, si ripete il miracolo. Sepe: "Sangue malavita cancro di Napoli"

(ansa)
Il vescovo: "Violenza non è coraggio, il mio dovere è lanciare un grido d'allarme"
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Si è ripetuto il prodigio di maggio della liquefazione del sangue di San Gennaro. E' la prima delle tre date in cui è atteso il miracolo del patrono (le altre due sono il 19 settembre e il 16 dicembre). All'uscita dal Duomo e durante la processione che ha portato il busto e l'ampolla nella basilica di Santa Chiara, il sangue all'interno appariva già sciolto.

"E' il sangue della malavita, quella comune o quella organizzata, che resta un vero cancro di questa meravigliosa terra, che non riesce a liberarsene del tutto, nonostante la reazione e la lotta della gente sana, nonostante una diffusa cultura antimalavitosa, nonostante l'impegno e i successi delle forze dell'Ordine". Queste le parole del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, in occasione delle celebrazioni.

Napoli, si ripete il miracolo di San Gennaro


"San Gennaro soffre veramente - aggiunge - perché troppe strade di Napoli, anche quando non sono bagnate dal sangue, sono diventate teatro di violenza". "Una violenza spesso gratuita, quasi irrazionale, perché non sempre nasce dall'avidità del danaro dalla tendenza a delinquere o dall'abitualità criminosa  o ancora dalla inclinazione al delitto e dalla pericolosità sociale".

"In realtà, costatiamo che c'è violenza nelle relazioni interpersonali, c'è violenza organizzata e ideologica nell'esercizio del proprio ruolo; c'è violenza nella pratica di attività sportive; c'è violenza nella fruizione del tempo libero; c'è violenza nelle famiglie; c'è violenza nel rapporto uomo/donna; c'è violenza nella guida scriteriata e pericolosa delle auto come delle moto. C'è violenza nella scuola, manifestata da alunni e da genitori nei confronti di docenti; c'è violenza negli ospedali, dove non si accetta l'aggravamento o la morte di un congiunto, oppure si presume un errore umano del medico o dell'infermiere; c'è violenza nelle carceri. C'è violenza quando si seguono esempi sbagliati o quando si hanno riferimenti e modelli che portano alla devianza. C'è violenza quando si invade la libertà di un altro; c'è violenza quando si deruba o si rapina o si ricatta un'altra persona; c'è la violenza delle espressioni e delle parole; c'è la violenza della diffamazione, della calunnia e dell'odio".
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"Ho il dovere - prosegue l'arcivescovo - come cittadino responsabile e come pastore di questa terra, di lanciare un grido d'allarme, per contrastare la cultura della violenza e richiamare alla propria responsabilità tutti e ciascuno di noi, perché la società non è una entità astratta ma è fatta da tutte le persone, dalle categorie sociali, dagli enti, dalle associazioni, dalle istituzioni".

"Tutti siamo chiamati in causa", afferma il cardinale Sepe, "a cominciare dalla Chiesa. Credenti e non debbono sentirsi impegnati in ragione del proprio ruolo e della propria responsabilità". "Tutti dobbiamo fare la nostra parte"
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"Si, lo sappiamo - conclude - nessun uomo nasce violento, ma lo può diventare per la sua fragilità o debolezza o presunzione o arrivismo.
La violenza non è mai espressione di coraggio, tutt'altro; è piuttosto un atto di viltà compiuto da chi ricorre alla forza per far valere una propria ragione o pretesa.