Napoli

La mia ironia contro il razzismo: "Naturalizziamo gli immigrati per le Olimpiadi"

Granelli

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Premetto che non voglio star qui a convincere nessuno, ognuno ha le sue idee, le sue ossessioni, le sue paure, però, ecco, in questo granello vorrei provare ad avere una conversazione propositiva con quelli che nella vita reale un po’ mi fanno saltare i nervi, quelli che… va be’, dai, avete capito, quelli che “io non sono razzista, però”. Quelli che premettono sempre (come ho fatto io, in effetti), quelli “dell’Italia agli italiani”. Non starò qui a premettere (ancora?) che per me non esistono bandiere e confini, a riportarvi le parole di Vittorio Arrigoni, attivista, giornalista e scrittore morto per le sue idee: “Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana”, non starò a parlarvi di umanità quindi, di solidarietà verso i più deboli, no, altrimenti che palle, sempre le stesse cose questi sinistroidi intellettuali snob radical chic.

Ok, va bene. Allora parliamo di sport, così non potete tacciarmi di snobismo. Avete visto la foto delle quattro italiane di colore che hanno vinto la staffetta ai Giochi del Mediterraneo? Una bella immagine, no? Una foto che giustamente ha fatto il giro del web e che in questo periodo storico assume un significato importante, ci dice inevitabilmente che il nuovo mondo è questo, il nostro nuovo Paese è questo, multiculturale, multietnico, aperto a tutti. Una sola razza, quella umana, una sola tribù. Human stay, ci ricordava sempre Arrigoni, “Restiamo umani”. Ah, scusate, mi sono fatto prendere di nuovo la mano con argomenti cultural chic che annoiano. Parliamo di sport, che comunque è una cosa nobile. A noi italiani piace vincere, questo è un dato di fatto, a chi non piace; vincere per la patria, per l’orgoglio nazionale, per restituire valore a questo grande Paese! Così va meglio, vero? Sto usando parole che stuzzicano il vostro appetito?

Ebbene, ho un progetto mica male per diventare i più forti di tutti e sbaragliare la concorrenza, così da fare incetta di medaglie ai prossimi giochi olimpici del Giappone. D’altronde, saremo anche un popolo eletto di pura razza italiana, ma nello sport non è che poi chissà quali risultati portiamo a casa, tolte alcune discipline come scherma e tiro con l’arco. Così mi è venuta l’idea: approfittiamo di questi due anni che ci separano dalle Olimpiadi per accogliere e naturalizzare quanti più extracomunitari possibili! Per la corsa lunga, maratona e simili, conviene ricevere kenioti ed etiopi, con loro andiamo sul sicuro e un paio di ori non ce li leva nessuno.

Per la corsa veloce, invece, si sa, i giamaicani non hanno rivali. Per il basket, invece, altro sport in cui ci barcameniamo senza successo, consiglio i lituani, abilissimi. Per assemblare una squadra vincente di cricket non dobbiamo nemmeno spremerci, di indiani e cingalesi ce ne sono in abbondanza qui. Nel salto in lungo non abbiamo più Fiona May (che tra l’altro è nata in Inghilterra), però c’è la figlia Larissa, che dicono sia ancora più brava. Nel nuoto, per fortuna, ce la caviamo, restiamo sempre un popolo di mare. Spulciando fra i tanti cinesi presenti sulla penisola potremmo puntare alle medaglie nelle arti marziali, nel pattinaggio, nei tuffi.

Per quel che riguarda il tennis, invece, è uno sport nobile, lì difficilmente si trovano atleti a buon mercato, dovremmo bussare alla porta degli spagnoli, ma perché mai dovrebbero volersi trasferire da noi. Il segreto è contare sui popoli in difficoltà, attirarli qui e metterli subito a praticare l’attività in cui eccellono, mentre noi ci preoccupiamo delle vicende burocratiche. È un’idea vincente, sentite a me, l’unico modo per acquietare un po’ gli animi di chi ha paura dell’invasione straniera, del nemico, del diverso; e nemmeno varrebbe più la scusa che ci tolgono il lavoro, perché noi negli sport citati siamo comunque una schiappa! Basta far capire alla gente che l’accoglienza non sarebbe fine a se stessa, che ne trarremmo anche noi un profitto, potremmo finalmente primeggiare alle Olimpiadi, e anche ai prossimi Mondiali di calcio, che se continua così chissà se e quando torneremo a parteciparvi. Con tutti gli africani che ci sono in Italia, invece, faremmo presto a mettere su una squadra tosta, tecnica e a buon mercato, calciatori che si accontentano di poco e ci mettono la grinta giusta, fieri di giocare per il “loro” paese, di difendere la terra che li ha accolti e li protegge, che garantisce una vita dignitosa a loro e ai figli, i quali un domani non sarebbero più costretti a salire su quei dannati barconi per raggiungere la pace. Pensateci, in questo modo i campioni del futuro li avremmo già in casa.

Ripeto, a mio avviso è un progetto vincente, ne sanno qualcosa gli Stati Uniti, i quali, furbi, l’hanno capito molto tempo fa che il futuro era l’integrazione, e vedi adesso dove sono!
Certo, ci sarebbe qualche persona di colore in più a vestire la gloriosa maglia italica (e i soliti personaggi eccessivi intonerebbero un buuh, come accade in ogni stadio), ma, si sa, i grandi obiettivi richiedono grandi sforzi. E qualche pizzico sulla pancia.