Napoli

(siano)

Lello Arena: "La mia estate lontano dalle scene per creare"

L'attore ricorda le estati a Posillipo: le "gabbie" di quei bagni felici sono lontane

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Le "gabbie" di quei bagni, posillipini e felici, sono lontane. Agosto, oggi? Non fa per lui. Lello Arena è un finto sedentario con libri, copioni, appunti, idee e progetti sempre tenacemente a portata di mano per essere stesi, integrati, riletti o riscoperti. Un "secchione" che non ha mai smesso di studiare? "Ma se tutte le altre sere dell'anno ho la fortuna di salire su un palcoscenico, quando ne approfitto?".

Ma il fondatore de La smorfia con Massimo Troisi e Enzo Decaro, l'autore e il regista che continua a formare nuovi talenti, l'interprete applauditissimo de L'Avaro di Molière non somiglia neanche a quei mattatori che d'estate spariscono - non senza darsi qualche aria - nel buen retiro di campagna, o dietro le dune chiare sul mare. "Io sto tanto bello in città: o a Roma o appena posso a Napoli. Puoi recuperare un film o uno spettacolo, vedere un amico, fissare incontri di lavoro. Sono luoghi che in questi giorni smettono di essere metropoli e tornano città d'arte. E se ne hai la possibilità riesci magari a lasciare andare una giornata così: "perdendo il tempo".

Arena, a quante cose contemporaneamente sta lavorando, quindi?
"Sto scrivendo. Agosto è dedicato a questa immersione e anche stavolta l'ho vissuto così. E poi leggendo, devo dire parecchio. Sennò permangono quelle lacune proprio di ignoranza eh. E la verità - sorride è sempre quella, la diceva Massimo..."

Qui le risponderebbero in coro: "A scrivere siete tanti di voi, a leggere sono solo io".
"Ecco. Le cose di cui vive un attore o un autore, che poi sono testi che chiedono di essere attraversati con umiltà e attenzione, hanno bisogno di cura, di studio. Perché il nostro lavoro è la proiezione di tutti quei gesti e quelle riflessioni che lo preparano, lo strutturano, lo ispirano. Magari lo migliorano pure: perché d'inverno andiamo tutti troppo di fretta".

Ci saranno delle estati felici di mare nella sua memoria di napoletano.
"Come no. Mare di Posillipo ma limpido. Avrò avuto 10 o 12 anni. Nelle gabbie, che risate".

Le gabbie?
"Ah già, questa storia ogni volta che la racconto nessuno ci crede. I miei genitori erano entrambi operai delle Manifatture Tabacchi, mica ci portavano a fare la villeggiatura: loro lavoravano quieti, e noi al mare con le suore. Ci portavano in questi posti fantastici, a Posillipo. Però poiché eravamo tanti, al momento di fare il bagno, prendevano queste enormi gabbie, le calavano a metà nell'acqua e noi tutti dentro. Chiusi e sorvegliati".

Adesso, accorrerebbe Amnesty International.
"Sicuro. E invece era un metodo con cui ci sorvegliavano ma ci consentivano di stare in acqua a lungo".

Non soffrivate.
"Soffrivamo? Non ha idea di quello che succedeva là dentro. Pizzichi, tuffi, sfottò, schizzi. Mi ha fatto una certa emozione rivederle. Sì, l'anno scorso ero a Napoli a fare sopralluoghi per il mio film. Non ho trovato la location giusta ma abbandonate sotto la roccia c'erano queste gabbie. Tutti a chiedersi a cosa servissero. Eh, mo' ve lo spiego io".

Agosto alle spalle. E lei da dove ricomincia?
"Intanto riprenderò la regia dello spettacolo per Paolo Caiazzo, che torna in scena con "No grazie, il caffé mi rende ancora nervoso". E poi mi sto dedicato alla scrittura di "F...atti unici". Che torna, dopo i bellissimi risultati su Rai 2. Ci dicevano: eh il teatro napoletano in diretta non va bene, e noi ci abbiamo provato con più gusto. E ci saranno la qualità e i modi che sono piaciuti".

E poi un suo atteso debutto: Miseria e nobiltà.
"Sì, con la regia di Luciano Melchionna, un'altra sfida. Con produttori importanti, tra cui l'Eliseo di Roma: e difatti debutteremo a dicembre a Roma, non a Napoli. E poi perché lo reinterpretiamo: in termini di allestimento, regia e di ricerca. Stupefacente accostarsi, dopo tempo, a un " classico" del nostro teatro pensando di conoscerlo e invece scoprire sempre cose nuove, risorse. Insomma: una miniera".

Ecco il punto. Lei è nato con l'innovazione, la Smorfia. Come si sta in equilibro tra tradizione e contemporaneo?
"Non ci sono ricette. Se penso che la sostanza e la potenza di Molière è arrivato a me come responsabilità , mi tremano i polsi. Un attore deve calarsi, studiare, capire ,trovare i fili. Ma poi, togliersi di mezzo. La gente manco lo deve sapere tu chi sei. Tu sei lì "di servizio". Signori, mo' vi racconto questa storia, magari senza tradire nessuno".

Provocatoriamente: cosa può aggiungere oggi Miseria e Nobiltà?
"Sembrerà strano, ma ci indica qualcosa molto vicino a noi, sa? Racconta come, pur di ottenere qualcosa, siamo pronti a venderci per quello che non siamo. Pronti a prostituirci. Loro si travestono da nobili per fame di cibo. Oggi tanti si travestono: per fame di altro, di tanto altro, anche per nulla necessario. Noi la vediamo, intorno a noi, la prostituzione mentale e culturale com'è diffusa? Lo vediamo come ci siamo ridotti? Il paese è in una fase buia. Io per stare meglio devo pensare a certe rinascite. Anche a Napoli".

Detto senza campanilismi.
"No, detto proprio tecnicamente. La gioia di tornare a lavorare nella mia città e vedere tante produzioni: perché qui ci sono quelli bravi non solo sulla scena ma anche dietro e sotto il palco, qui c'è innovazione, tecnologia, voglia di guardare avanti, c'è ispirazioni e storie incredibili. Ecco, a 65 anni, mi dà un sacco di allegria".