Oggi, prima dell’alba, soldati e poliziotti hanno distrutto e portato via i cinque container con cui due giorni fa attivisti palestinesi e internazionali avevano dato vita a Wadi al Ahmar, a breve distanza da Khan al Ahmar
della redazione
Khan al Ahmar (Gerusalemme), 13 settembre 2018, Nena News – E’ stato con ogni probabilità un test per l’operazione di demolizione e sgombero del villaggio beduino palestinese di Khan al Ahmar e della Scuola di Gomme, il raid che le forze israeliane hanno messo in atto oggi, prima dell’alba. Soldati e poliziotti, giunti in gran numero e con ruspe, hanno distrutto e portato via i cinque container con cui due giorni fa, attivisti palestinesi e internazionali avevano dato vita a Wadi al Ahmar una sorta di “avamposto” palestinese a breve distanza da Khan al Ahmar. Le forze israeliane hanno portato a termine le operazioni di demolizione tenendo a distanza abitanti e attivisti presenti nel villaggio.
Shadi al Mutawar, segretario del movimento Fatah a Gerusalemme, ha detto ai giornalisti che il raid israeliano di qualche ora fa non farà desistere i palestinesi dal difendere Khan al Ahmar e dal denunciare le azioni israeliane come un crimine di guerra. Al Mutawar ha annunciato che le autorità palestinesi chiederanno un procedimento per crimini di guerra alla Corte penale internazionale dell’Aja contro il governo Netanyahu e ogni singolo militare o poliziotto che prenderà parte alla distruzione del villaggio.
Oggi la comunità beduina e i comitati di resistenza popolare invitano a raggiungere Khan al Ahmar per garantire una maggiore protezione al villaggio. Nena News
VI PROPONIAMO LA LETTURA DELL’ARTICOLO SU KHAN AL AHMAR E IL 25ESIMO ANNIVERSARIO DELLA FIRMA DEGLI ACCORDI DI OSLO PUBBLICATO OGGI DAL QUOTIDIANO “IL MANIFESTO”
di Michele Giorgio – Il Manifesto 13 settembre 2018
«Ci siamo addormentati pensando all’arrivo imminente di soldati e dei poliziotti. Non è avvenuto ma non significa che (gli israeliani) non demoliranno Khan al Ahmar e la Scuola di Gomme, anzi. Sceglieranno il momento più opportuno per farlo, quando riterranno di poter agire più agevolmente». Felix Perrella, giovane attivista napoletano martedì notte era uno delle decine di volontari internazionali (e anche israeliani) che hanno dormito sotto il tendone issato accanto alla Scuola di gomme per offrire, con la loro presenza, protezione al 35 famiglie del villaggio e alle aule dove ogni mattina entrano i bambini di cinque comunità beduine. A Khan al Ahmar regna una calma carica di tensione. La sentenza della Corte suprema israeliana, che una settimana fa ha dato il via libera alla demolizione del villaggio – considerato “illegale”, sebbene esista da decine di anni, dai giudici che invece ritengono legittimi gli insediamenti coloniali costruiti in Cisgiordania in violazione delle convenzioni internazionali – ha aperto la strada allo scenario che questa piccola comunità beduina, i Jahalin, ha provato per anni a scongiurare assieme alla ong italiana Vento di Terra che nel 2009 ha costruito la Scuola di Gomme. «Un punto di discussione in queste ore – ci dice ancora Perrella – è quale dovrà essere il comportamento dei presenti in caso di sgombero. L’orientamento è quello di opporre una resistenza passiva, non violenta, per evitare conseguenze pericolose». Lo conferma anche Abu Khamis, storico portavoce del villaggio e bandiera della lotta decennale di Khan al Ahmar.
In queste ore a muoversi è soprattutto la diplomazia. Cinque paesi europei – Italia, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna, hanno firmato un documento comune in cui chiedono che Israele desista dal proposito di demolire Khan al Ahmar. L’Europarlamento oggi è chiamato a votare una mozione (l’esito è incerto). In visita di solidarietà al villaggio si sono recati i consoli dell’Italia, Fabio Sokolowicz, e di altri Paesi. Anche le Nazioni Unite sono intervenute. L’attenzione delle diplomazie, specie quelle europee, è significativa ma sembra mancare della determinazione necessaria per proteggere concretamente i diritti della gente di Khan al Ahmar, salvare la scuola costruita dall’Italia e affermare il diritto internazionale in un territorio che è stato occupato militarmente 51 anni fa. Il governo Netanyahu non è scosso dalle proteste e non intende rinunciare alla rimozione del villaggio che impedisce l’espansione delle colonie israeliane nella zona strategica E1, tra Gerusalemme Est e Gerico. Con ogni probabilità il ministro della difesa Lieberman darà il via alla demolizione non appena si attenuerà l’attenzione sulla vicenda. Su questo aspetto si sta perciò intensificando la campagna dell’Autorità nazionale palestinese e dell’Olp che due giorni fa hanno annunciato di aver presentato una nuova denuncia contro Israele alla Corte penale dell’Aja per crimini di guerra.
Da parte sua Vento di terra cerca di raccogliere appoggi nella società civile e nel mondo politico italiano e di sollecitare il governo Conte ad alzare la voce. L’ong milanese si prepara a portare a termine su change.org la raccolta di 500 mila firme che saranno consegnate a Bruxelles alla “ministra degli esteri” dell’Ue Federica Mogherini alla presenza di due testimonial, la scrittrice palestinese Suad Amiry e il regista israeliano Amos Gitai. I beduini, aiutati da attivisti palestinesi e internazionali, comunque non restano a guardare e oltre a prepararsi alla resistenza pacifica allo sgombero, provano ad ostacolare Israele. Due giorni fa hanno sistemato cinque container nei pressi del villaggio dando vita ad un “avamposto” palestinese al quale hanno dato il nome di “Wadi al-Ahmar”.
A 25 anni dalla stretta di mano a Washington, il 13 settembre 1993, tra Yasser Arafat e Yitzhak Rabin che seguì alla firma degli Accordi di Oslo, il caso di Khan al Ahmar ben rappresenta la situazione in cui oggi si trovano i palestinesi sotto occupazione militare. «La suddivisione del territorio cisgiordano in zone A, B e C prevista da quelle intese consente a Israele di controllare alla perfezione la popolazione palestinese e di privarla di vari diritti, a cominciare da quello di costruire sulla sua terra» spiega l’analista Ghassan al Khatib «Khan al Ahmar è situato in area C, il 60% della Cisgiordania che, secondo Oslo, ricade sotto la piena autorità di Israele che vi impone le sue leggi a danno dei palestinesi». Accordi che in teoria dovevano portare in cinque anni alla fine dell’occupazione e della colonizzazione e dare uno Stato indipendente ai palestinesi, oggi intrappolano un popolo intero. «Una buona dose di ingenuità e l’ignoranza da parte dell’Olp della natura degli obiettivi strategici di Israele sono soltanto due dei motivi del disastro provocato da Oslo».
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