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L’occhio della mafia su Tav e fibra ottica

I clan puntano sui microappalti frazionati, il capo della Dia veneta Pieroni avverte i sindaci: «Attenti ai voti che ricevete»

di Albino Salmaso
2 minuti di lettura

VERONA. I clan della mafia sono pronti ad allungare le mani sugli appalti dei treni ad alta velocità, nella tratta Brescia-Verona-Vicenza-Padova e sui 300 milioni di euro di cablatura della banda larga in Veneto per la fibra 4 e 5G. La tecnica è sempre la stessa: partecipare ai microappalti frazionati sotto i 150 mila euro con aziende “cartiere pulite” definite “star” dal professor Antonio Parbonetti, l’economista dell’università di Padova che ha realizzato un dossier sul riciclaggio del denaro al Nord con l’analisi di 120 sentenze che hanno coinvolto 634 società di capitali.

L’allarme è stato lanciato ieri a Verona da “Avviso Pubblico” guidato da Pier Paolo Romani, che ha messo a confronto in un seminario la regione Veneto, la magistratura, la Direzione antimafia, le categorie economiche e l’università. Il presidente di Coldiretti Verona, Claudio Valente, ha fatto subito capire come “l’agrimafia” abbia messo solide radici a Nordest: Verona è la terza provincia italiana per prodotti dop e docg contraffatti, mentre Padova è al decimo posto. Il business ruota attorno ai maiali, con i prosciutti che si moltiplicano come i pani e pesci nelle nozze di Cana e finiscono sulle tavole con marchi e prezzi di assoluta qualità, mentre arrivano dall’est Europa.

L’analisi più inquietante porta la firma del colonnello Carlo Pieroni, capo della Dia del Veneto, dopo una lunga esperienza in Puglia, Calabria e Campania, nelle terre dove i clan controllano l’economia reale senza sigle di comodo. Al Nord la strategia è diversa: si parte con l’usura, il prestito del denaro a strozzo e poi si diventa padroni dell’azienda a tutti gli effetti, come ha dimostrato l’inchiesta Aspide.

«La criminalità organizzata in Veneto si presenta sotto altre vesti rispetto al Sud. Non facciamo l’errore di pensare che non esiste solo perché è più difficile riconoscerla. I territori ricchi stanno diventando sempre più appetibili per le mafie, per questo dobbiamo tenere sempre alto il livello di guardia, contrastare l’evasione fiscale ed essere consapevoli che la ricerca del profitto a qualsiasi costo può generare problemi sui territori. Gli amministratori locali prestino attenzione al consenso elettorale che ricevono» ha detto il colonnello Pieroni. Il capo della Dia ha sollevato un pesante interrogativo: nel 2013 sono entrate in crisi Bpvi e Veneto Banca fallite nel 2016 dopo un crac di 12 miliardi. Nello stesso periodo il Pil del Veneto ha ripreso a correre meglio di prima, ma nessuno ha cercato di capire se il credito alle imprese sia stato garantito da canali diversi dal sistema bancario. Certo, ci sono state 16 mila segnalazioni di antiriciclaggio, come ha ricordato l’assessore regionale Cristiano Corazzari e «in Veneto esistono180 immobili confiscati ai clan, però il contesto resta positivo» ha detto il rappresentante della Lega.

Verona è stata scottata dal “caso Giaccino” mentre Padova da poco è sotto i riflettori con l’inchiesta Barducca a Vigonza e la filiale della Bpvi chiusa con un “colletto bianco” nella polvere. Ora si alza il velo. Ma non basta perché la «mafia è un macigno che uccide le aziende» sane ha sottolineato il professor Parbonetti. Come fermarla? Il colonnello Antonio Pieroni e Gianfranco Donadio, magistrato della Dda, una ricetta ce l’hanno: tocca ai sindaci e ai manager delle aziende statali rendere trasparenti gli appalti della Tav e della fibra ottica. Il microfrazionamento fa gola alle piccole imprese del movimento terra e dell’edilizia, spessa emanazione della ’ndrangheta. La Lombardia e l’Emilia ne hanno già pagato un prezzo salatissimo, come dimostrano le inchiesta e i consigli comunali sciolti per infiltrazione dei clan. Il Veneto è ancora “terra felice”: per quanto potrà resistere?

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