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Meriem viva e pentita «Mamma, perdonami»

La ragazza padovana fuggita in Siria con l’Is tre anni fa ha avuto due figli «Voglio tornare in Italia anche in carcere, ho subito il lavaggio del cervello»

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ARZERGRANDE. «Un miracolo, una gioia immensa per tutta la famiglia». Non sa che altre parole usare Redouane Rehaily, che ieri ha scoperto che la sua Meriem è ancora viva. Lo ha fatto grazie ai giornali e all’inchiesta del reporter Fausto Biloslavo, pubblicata sull’edizione de Il Giornale. Biloslavo, inviato in Siria, ha incontrato proprio Meriem che da sei mesi si trova prigioniera nel campo di Roj, una tendopoli in mezzo al nulla nel nord-est della Siria controllato dai curdi dove sono in custodia migliaia prigionieri jihadisti stranieri, la maggior parte catturati mentre tentavano di passare il confine per entrare in Turchia. Prigionieri dimenticati, che nessuno rivendica e va a recuperare per poi processare e condannare. Dall’Europa e dal Nord Africa su di essi il silenzio è totale.

Meriem Rehaily lo scorso dicembre, a Venezia, è stata condannata in contumacia a 4 anni di reclusione per arruolamento con finalità di terrorismo ed espulsione al termine della pena. Ad appena 19 anni era scomparsa di casa il 14 luglio del 2015, partendo dall’aeroporto di Bologna alla volta di Istanbul in Turchia, per arruolarsi nell’Is. Il suo nome di battaglia, “Sorella Rim”, era comparso aveva iniziato a circolare sul web nel febbraio del 2015, quando ancora la ragazza viveva con la sua famiglia e frequentava l’istituto superiore “De Nicola” di Piove di Sacco, indirizzo linguistico. Ieri Redouane non è andato a lavorare perché ha voluto trascorrere con la moglie e i cinque figli la festa di Eid al-Fitr per la fine del Ramadan. «È un giorno di vera festa» racconta il papà di Meriem «siamo tutti contenti. L’abbiamo riconosciuta subito vedendo la foto del giornale. Abbiamo sempre detto che era stata plagiata e che voleva tornare a casa. In tutto questo tempo ci avevano detto che era stata lapidata, poi che era fuggita in Francia: noi non abbiamo mai avuto nessuna conferma. Ora chiediamo che lo Stato ci aiuti a riportarla a casa». Papà Redouane ha sempre detto che se mai avesse potuto riabbracciarla in Italia, avrebbe poi fatto di tutto per difenderla.

«Voglio tornare in Italia, anche se dovrò andare in carcere» dice in lacrime Meriem intervistata da Biloslavo «almeno riabbraccio la mamma che mi manca tanto…». La giovane ha vissuto anni intensi. Si è sposata con un palestinese e ha avuto due bambini: Farouk di un anno e mezzo e Basim di sei mesi. Viveva a Raqqa e con la famiglia ha lasciato la città prima che lo Stato Islamico venisse spazzato via, cercando di fuggire in Turchia. Sei mesi fa i curdi li hanno fermati a un posto di blocco e portati a Roj. «Dall’Is ho subito un lavaggio del cervello» racconta «prima vivevo come una normale adolescente, poi ho chiuso gli occhi e mi sono ritrovata in Siria. Mi ha attirato su internet un giovane siriano (il reclutatore è rimasto ucciso nel 2017 in battaglia a Raqqa) che mi contattava via Telegram su una chat segreta. Voleva sposarmi, ma ho rifiutato. Poi ha cominciato a dire che dovevo andarmene dall’Italia e raggiungere il Califfato perché Allah lo voleva».

Avvolta nel niqab, la jihadista, appare disperata. «Ho visto» continua «il vero Is e non è lo Stato Islamico che credevo. L’orrore dei bombardamenti mi terrorizzava. Quando ho aperto gli occhi era troppo tardi. Volevo fuggire. Ora sono tanto pentita ma è tardi e non so che fare». L’ultimo pensiero va alla famiglia in Italia: «Volevo dire» conclude la sua intervista «a mia mamma di perdonarmi. Ormai ho già fatto quello che non dovevo fare».

Alessandro Cesarato

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