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«Una pausa per verificare il miracolo»

Il cardinale Stella, postulatore della causa di beatificazione di Albino Luciani: «Abbiate pazienza, serve tempo»

di Paola Dall’Anese
2 minuti di lettura
VENEZIA. «Dopo aver fatto questo pezzo di strada, ora serve una pausa per trovare un atto prodigioso compiuto dal venerabile papa Luciani che venga riconosciuto prima dal tribunale della diocesi in cui sarebbe stato compiuto il miracolo, e poi dalla Congregazione delle cause dei santi e infine dal Papa. Una volta trovato questo miracolo e appurato come tale, allora Giovanni Paolo I potrà essere dichiarato beato».

Il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero e postulatore della causa di beatificazione del papa agordino, a margine della celebrazione svoltasi ieri nel Duomo di Belluno per festeggiare il riconoscimento delle virtù eroiche di monsignor Luciani, non lancia date o scadenze per la sua beatificazione. Ma parla della necessità di attendere i tempi tecnici perché la lunga procedura giunga alla conclusione del suo primo step.

Sulla santità poi dell’ex presule agordino fa capire che di strada ce n’è molta di più da fare e invita a non avere fretta.

Ma nel frattempo si sofferma volentieri a parlare del papa bellunese, che per 11 anni è stato il suo vescovo a Vittorio Veneto.

«Quando ero a Vittorio Veneto», ricorda il cardinale nativo di Pieve di Soligo (Tv), anche lui molto amato dai suoi concittadini che ieri sono arrivati a Belluno per salutarlo, «ho assistito a Roma alla sua ordinazione a vescovo da parte dell’allora pontefice Giovanni XXIII: era il dicembre 1958 e l’anno dopo Luciani fu assegnato a Vittorio Veneto. È sempre stato», ricorda ancora Stella, «una persona semplice, ed essere nominato vescovo, per lui, era come sentire bollire la terra sotto i piedi. Il venerabile Albino Luciani era un uomo delle nostre montagne, semplice».

Di quegli 11 anni trascorsi nella diocesi vittoriese, il postulatore ricorda in particolare l’attenzione del vescovo «per i preti malati, anziani che andava a visitare molto spesso. Era molto attento alla sofferenza, il suo sorriso semplice era molto accogliente. Era pieno di aneddoti e sentirlo era molto piacevole perché parlava con il cuore, e si capiva quello che diceva. Quello che utilizzava, infatti, era un vocabolario del popolo, di grande umanità, e la gente si sentiva rappresentata da lui».

Papa Luciani era stato in Africa e in America Latina, «avendo una grande comprensione per quelle realtà di estrema povertà, ha sempre dimostrato una grande empatia con questi popoli in cammino. Si sentiva bene, per dirla con il nostro pontefice Francesco, in mezzo alle periferie umane».

Per Stella, Giovanni Paolo I «era ricco nel cuore e nella mente e la provenienza da queste terre aspre, difficili, lo ha abilitato alla comprensione dell’umanità. E negli anni in cui operava, nei paesi dell’America Latina e africani c’era tanta sofferenza e umiliazione». Ma se poi gli si chiede se dopo la beatificazione ci sarà la possibilità di una santificazione, il porporato diventa cauto anche perché servono due miracoli riconosciuti (e due sarebbero all’esame) e ad oggi si cerca ancora il primo. «La santità ha movimenti particolari. Luciani è sempre stato un vescovo che ha vissuto la difficoltà della vita con grande semplicità. Una semplicità per la quale ha preso spunto da san Carlo Borromeo, che era il suo esempio».

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