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Le carte segrete nel covo dei kosovari

Trovata in una mansarda una scatola di lettere, documenti e ricevute di versamenti bancari sui quali indaga la Digos

di Carlo Mion
2 minuti di lettura

VENEZIA. Nell’appartamento al civico 1776 di San Marco in Frezzeria, continuano ad arrivare lettere indirizzate a Fisnik Bekaj, 26 anni e Dake Haziraj, (27), due dei quattro kosovari appartenenti alla cellula jihadista smantellata lo scorso anno da polizia e carabinieri e che voleva compiere un attentato a Rialto. Nonostante i due siano stati già condannati e lì non abitino più da un anno, a quell’indirizzo arrivano lettere a loro nome che puntualmente l’amministratore condominiale consegna alla polizia.

Lettere inviate da varie parti d’Europa. Ma quell’appartamento, uno dei tredici ricavati in un ex teatro, regala ancora varie sorprese a chi ha indagato sul gruppo di kosovari e sulle loro intenzioni terroristiche. È un appartamento al quarto piano che si sviluppa su poco più di quaranta metri quadri distribuiti su due livelli. In una piccola mansarda i kosovari avevano sistemato i letti, sotto, al livello inferiore, c’era l’angolo cucina, il soggiorno e i servizi. L’appartamento, poco dopo un mese dall’arresto dei due, è stato riaffittato.



Ma ben presto questo piccolo angolo dello stabile riserva le prime sorprese. Un giorno il responsabile dell’agenzia che lo gestisce per conto della proprietaria romana riceve dal nuovo inquilino la segnalazione che in un angolo della stanza mansardata c’è una scatola contenente numerosi documenti che non sono certo carta straccia. O meglio sono documenti e libri che hanno a che fare con i due kosovari. Il materiale consegnato al responsabile dell’agenzia, viene dato, successivamente da quest’ultimo alla polizia. La scatola è piena di sorprese. Il condizionale è d’obbligo sul valore assoluto dei documenti che contiene. Ci sarebbero documenti rilasciati da autorità kosovare, da consolati del Kosovo, libretti sull’islam in italiano e in kosovaro e che riguardano il dialogo tra islam e cristianesimo e il ruolo della donna nell’islam. Ma a quanto pare tra le tante carte alcune sarebbero più interessanti. Ci sarebbero infatti ricevute di versamenti bancari e codici per l’home banking. Ma soprattutto ci sarebbero dei dati riconducibili a un conto corrente aperto in una banca slovena. Questi ultimi dati potrebbero essere interessanti in quanto una delle accuse mosse ai kosovari dalla Procura di Venezia e che poi hanno portato alla condanna con rito abbreviato a 4 anni di Bekaj e Haziraj, è che avrebbero finanziato, con l’invio di denaro in patria lo Stato Islamico. In realtà i due hanno sempre sostenuto che i soldi inviati erano destinati in beneficenza.

In questo anno, dall’arresto degli jihadisti, in più occasioni alcuni stranieri hanno suonato al campanello dell’appartamento o hanno parlato con l’amministratore di condominio perché intendevano salire nell’appartamento per prendere delle cose. Non si è mai capito cosa, se i documenti che l’agenzia ha consegnato alla polizia oppure se delle valigie con i vestiti dei due kosovari. Vestiti e valigie che sono lì da quando i due sono stati arrestati e che mai nessuno è passato ufficialmente a recuperare. Magari ora i parenti venendo a conoscenza del fatto, attraverso i legali dei due jihadisti, ne chiederanno la restituzione. L’ultimo aspetto che poi non sembra essere proprio negativo è il fatto che l’agenzia che ha in gestione l’appartamento dei terroristi, ha cercato di mettere in vendita quello che si trova accanto e che si sviluppa su un quinto piano della palazzina, Ebbene non riesce a venderlo perché accanto c’è quello che tutti oramai identificano come quello dei terroristi, E nemmeno abbassando il prezzo, e non di poco, riesce a piazzarlo. È un’abitazione con tanto di terrazza sul tetto dalla quale si vede Venezia a 360 gradi. Almeno in questo palazzo i prezzi delle case sono calati.

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