Gilet gialli, i 100 euro di Macron in alto mare

L’impegno più importante di Emmanuel Macron con i francesi dopo la protesta dei gilet gialli - i 100 euro in più sugli stipendi minimi - si farà, garantisce il presidente dell’Assemblée Nationale. Ma - aggiunge Richard Ferrand - il modo per mettere insieme gli oltre 6 miliardi necessari è ancora “tutto da studiare”.

Intanto il presidente, pur continuando a precipitare nei sondaggi di popolarità, se si svolgessero nuovamente le presidenziali di un anno e mezzo fa otterrebbe una percentuale superiore di voti al primo turno, anche se Marine Le Pen sarebbe avanti. Da quando, una settimana fa, nel pieno dell’onda di protesta di gilet gialli, Macron ha preso la parola per annunciare una svolta sociale della politica di governo, il rompicapo dell’aumento dello SMIC (il salario minimo) di 100 euro turba i sonni della maggioranza. E soprattutto dei tecnici che devono trovare una soluzione entro la data promessa per il varo del provvedimento, il 1 gennaio 2019.

Per Ferrand, “l’impegno del presidente sarà rispettato, il Parlamento ne sarà garante, non si faranno sciocchezze”. Come riuscirci, se con un credito d’imposta, con un taglio degli oneri sulla busta paga o con altri meccanismi, non si sa: “tutto è allo studio - ammette Ferrand - i parlamentari diranno la loro affinché il provvedimento si realizzi velocemente e con giustizia sociale”. Senza contare che il premier Edouard Philippe ha puntualizzato, rispondendo ad alcune critiche in Parlamento, che i 100 euro andranno ad “aggiungersi” alla diminuzione dei versamenti obbligatori, una misura già approvata nel 2018. In pratica, fra il 1 gennaio 2018 e il gennaio 2019, gli stipendi minimi aumenteranno di 125 euro in totale.

Dal governo trapela che la leva su cui agire sarà la “prime d’activité”, il sussidio agli stipendi che non superano i 1.500 euro. Il problema è che questo sussidio viene gestito dalla Caf, la Cassa per gli assegni familiari, che ha una sua contabilità e una sua coerenza di bilancio, oltre che un preciso decalogo cui conformarsi. “Non si può fare schioccando le dita - ha detto un tecnico della Cassa - il 1 gennaio è impossibile. Quando si tocca un parametro bisogna fare dei test per evitare i ‘bug’. Se dobbiamo farlo d’urgenza non possiamo rispettare le norme”.

Macron, che conta sul funzionamento delle sue promesse per risalire nei sondaggi, continua a diminuire nella popolarità. Ma ciò non gli impedirebbe - rivela uno studio Ifop di oggi - di aumentare addirittura la sua quota di voti al primo turno se le presidenziali di un anno e mezzo fa si svolgessero nuovamente oggi (dal 24 al 25%). Non sarebbe però più in testa come allora, perché a fare il balzo è Marine Le Pen: sarebbe lei la più votata, con il 27% dei voti contro il 21,3% di 18 mesi fa.

Aggiornato il 17 dicembre 2018 alle ore 13:11