L’Ucciardone intitolato a Calogero Di Bona  Famiglia: «Mai smesso di cercare la verità»

«Quando mio padre è stato ucciso io avevo 6 anni, e i miei due fratelli 4 anni e il più piccolo 11 mesi. Non l’abbiamo visto invecchiare e sarebbe stato bello averlo accanto nei momenti importanti della vita. Purtroppo non è vero che il tempo cura tutti i mali: quando scopri di vivere più a lungo di tuo padre, accetti che esistono sofferenze che possono essere comprese solo da chi le ha provate». Queste le parole commosse di Giuseppe, il figlio maggiore di Calogero Di Bona, pronunciate durante la cerimonia che si è svolta stamane all’Ucciardone in occasione dell’intitolazione della casa di reclusione di Palermo alla memoria del maresciallo degli agenti di custodia ucciso dalla mafia il 28 agosto del 1979, perché aveva osato opporsi al malcostume che vedeva i boss comandare nelle celle penitenziarie

Il primo riconoscimento ufficiale del suo sacrificio è arrivato solo lo scorso anno, quando il ministero dell’Interno lo ha nominato vittima del dovere ai sensi della legge 466/1980 e il 19 settembre 2017 è stato insignito della medaglia d’oro al merito civile. E oggi, invece, sulla facciata del luogo dove per anni ha prestato servizio prima di essere barbaramente ucciso, è stata posta una targa che ricorda il suo sacrificio. Per l’occasione, il capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Santi Consolo ha deposto una corona di fiori e consegnato ai familiari una pergamena che riporta le motivazioni dell’intitolazione al maresciallo Di Bona: «Pur consapevole del grave rischio personale, con fermezza e abnegazione improntava la propria attività lavorativa a difesa delle istituzioni e contro le posizioni di privilegio tra i reclusi. Per tale coraggioso comportamento fu vittima di un sequestro culminato in un omicidio». 

Molto emozionata anche la vedova di Di Bona, Rosa Cracchiolo che ha ricordato così gli anni bui in cui del marito si erano perse le tracce. «Era una persona stupenda. Dopo tanti anni in cui non abbiamo mai smesso di cercare la verità abbiamo ottenuto questo riconoscimento, un momento commovente per tutti noi». Ed è proprio grazie al loro impegno se l’inchiesta è stata riaperta e gli esecutori materiali assegnati alla giustizia: «Per anni abbiamo sperato che mio marito tornasse a casa, ma inutilmente. Sono passati tanti anni per far luce su quanto è successo, ma Rocco Chinnici, che era molto addolorato per la morte di mio marito, è stato tra i primi a capire subito che si trattava di una questione di mafia». 

Anche per Consolo l’intitolazione è un’affermazione di «verità e giustizia. Il ruolo nell’amministrazione penitenziaria e di tutti quelli che vi lavorano non è facile ed è particolarmente rischioso», mentre  per il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha inviato un messaggio, l’intitolazione delle case circondariali rappresenta «l’occasione per esprimere la doverosa gratitudine per il debito indimenticabile che abbiamo contratto tutti con alcuni servitori dello Stato, indomiti ed eroici, com’è stato il maresciallo Di Bona. Oggi rendiamo omaggio anche all’impegno e alla caparbietà della famiglia di Calogero per raggiungere alla verità sulla barbara uccisione di un uomo di 35 anni, riconosciuta dal ministero dell’Interno, vittima del dovere e insignito della medaglia d’oro».


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Si è svolta stamane la cerimonia per l’intitolazione della casa di reclusione alla memoria del maresciallo ucciso dalla mafia perché si era opposto ai boss che comandavano nelle celle. Commossi i familiari: «Non è vero che il tempo cura tutti i mali: quando scopri di vivere più a lungo di tuo padre, accetti che esistono sofferenze che possono essere comprese solo da chi le ha provate»

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