Palermo

Palermo: "udienza" del Tribunale dei popoli, il governo imputato per i crimini contro l'umanità

(ansa)
Minniti e Gentiloni accusati di aver firmato il patto con la Libia, nonostante l'Onu avesse già informato delle criticità. "Ora imprigionare migranti è diventato un business"
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Marco Minniti e Paolo Gentiloni imputati, se pur simbolicamente, per crimini contro l’umanità. Il Tribunale dei popoli ha formalizzato oggi le accuse nei confronti del governo.

La requisitoria finale non lascia scampo alle autorità italiane, in particolare al ministro degli interni Marco Minniti, “colpevole di aver pensato un accordo – il memorandum del 2 febbraio siglato con il precario governo Seraj e firmato anche da Gentiloni – con una controparte non in grado di assicurare il rispetto dei diritti che la Costituzione prevede anche per gli irregolari. E lo ha fatto, se non con dolo, almeno consapevolmente”, dice Fulvio Vassallo Paleologo, presidente di Adif – Associazione diritti e frontiere.

Una sorta di colpa cosciente per il governo italiano, che già sapeva, avvertito due mesi prima da una lettera dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che i diritti umani in Libia fossero già una merce rara.
“Si è scelto di bloccare i rifugiati direttamente all’origine, impedendo a chi ha diritto di poter presentare la domanda di protezione internazionale”, dice durante la requisitoria Serena Romano, avvocato della clinica legale per i diritti umani dell’Università di Palermo.

“Adesso il business non è più il viaggio, il traffico: la nuova macchina per fare soldi, approvata e finanziata dal governo italiano è la detenzione. I migranti vengono sequestrati, liberati dietro pagamento di riscatto e poi imprigionati di nuovo o rivenduti come schiavi”, prosegue la legale. “Non c’è differenza tra centri di identificazione, di fatto di detenzione, legali e quelli illegali: abusi e violenze sono stati registrati ovunque. Da un giorno all’altro milizie armate assumono incarichi ufficiali e divise, finanziati con risorse italiane”. Le storie di torture e abusi raccolte dal tribunale sono agghiaccianti, come quella di una donna della Sierra Leone violentata e filmata quotidianamente, fino ad essere orribilmente costretta a un rapporto sessuale con un cane. 

Il governo è anche colpevole di aver ostacolato il lavoro delle Ong, che assicuravano l’approdo in Italia dei rifugiati, adesso rispediti in Libia e imprigionati senza alcuna garanzia. Minniti “ha mentito quando diceva che esistevano zone sicure di approdo. E’ provato che, eccetto Tripoli, queste non esistono – dice Vassallo Paleologo – e mentiva anche sulle zone di ricerca e soccorso, nelle quali le Ong potrebbero operare, ma nelle acque libiche non ne esistono di ufficialmente riconosciute”.  

14mila potenziali aventi diritto alla protezione internazionale sono stati rispediti indietro quest’anno dalla guardia costiera di Sarraj con metodi di salvataggio non adeguati e senza salvagenti. Tantissime le foto con i naufraghi terrorizzati, calmati non da una voce umana, ma dalla minaccia delle armi delle autorità libiche.

Domani la giuria internazionale del Tribunale, formata da sette professionisti tra esperti di relazioni internazionali, giornalisti, medici e magistrati, darà il suo verdetto: la sentenza sarà letta pubblicamente alle 16 al Plesso Didattico Bernardo Albanese.

La decisione non ha valore penale né alcun altro valore giuridico ma “servirà ad alimentare il corpus di opinioni contrarie alle politiche attuali in tema di protezione internazionale e sensibilizzare l’opinione pubblica – dice Franco Ippolito, magistrato e Presidente del TPP – oltre a fornire un modello di proposta per evitare comportamenti scorretti e abusi” che purtroppo non si verificano solo in Africa, ma anche in Italia.