Palermo

L’imprenditore aderisce ad Addiopizzo, il boss fermò l’estorsione: "Troppi rischi"

La procura deposita i verbali di Sergio Macaluso, l’ultimo pentito del clan di Resuttana
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Non ci sono più le estorsioni di un tempo, dice l’ultimo pentito di Cosa nostra, Sergio Macaluso. I boss hanno un gran bisogno di soldi, ma hanno anche paura di essere smascherati. Parola d’ordine prudenza. Così, Mimmo Biondino rimproverò il figlio di Francesco D’Alessandro che era andato a fare un'estorsione a un imprenditore iscritto ad Addiopizzo, che ha una calcestruzzi in via Lanza di Scalea. Troppo rischioso.
 
Ma con le dovute accortezze, i boss non rinunciano a imporre la tassa di Cosa nostra. A Mondello, pagavano i venditori ambulanti di panini che ogni estate si fermano davanti allo stabilimento “La Marsa”. “Pagavano 1000 euro a stagione”, ha spiegato a Macaluso ai pubblici ministeri Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Roberto Tartaglia.
 
“D’Alessandro, Siragusa e Lucà si occuparono invece dell’estorsione ai danni del bar La Cubana di viale Strasburgo. I proprietari delle mura erano i comici palermitani conosciuti come ‘Tre e un quarto’, che si chiamano Pizzuto. L’immobile fu diviso in due: in una parte aprì La Cubana, nell’altra io e Filippo Bonanno (titolare di un panificio – ndr) con il Bar Strasburgo". Il racconto di Macaluso è dettagliato. "L’apertura di questi due bar uno accanto all’altro suscitò le lamentele di uno dei proprietari delle mura e ne nacque una diatriba. Mi trovai in difficoltà – ha spiegato il pentito – anche perché Graziano aveva autorizzato l’apertura della Cubana, Alessandro Alessi aveva mediato l’apertura di questo bar sborsando 50 mila euro a Graziano e prendendo l’impegno di passare 500 euro al mese al clan di Resuttana”.

Fu organizzata una riunione per chiarire la situazione. “Partecipò Filippo Bonanno – aggiunge l’ex capomafia di Resuttana - e ne uscimmo perdenti. Io, però, piuttosto che rassegnarmi andai a parlare con Vito Galatolo, a Mestre. Gli portai del pesce. Galatolo mi autorizzò ad aprire il bar e mi disse di andare da Graziano, che chiamava il ragioniere, a riferire che avevo parlato con lui, e lui aveva autorizzato il tutto perché era anche amico di mio fratello Maurizio”. In realtà, qualche giorno dopo, Camillo Graziano fu arrestato nell’operazione Apocalisse. Macaluso andò a parlare con uno dei proprietari della Cubana: “Gli rappresentai la decisione di Galatolo, e lui si lamentò per quello che era successo. Intanto, i rapporti erano tesi anche con il proprietario delle mura: mi minacciò dicendomi che mi avrebbe denunciato. A questo punto, dopo avere parlato con Alessi e con Graziano, che intanto era uscito dal carcere, decidemmo di chiudere il bar, ma la Cubana avrebbe dovuto rifondermi delle spese che avevo sostenuto per l’apertura del locale. Alla fine, i proprietari della Cubana mi diedero 25 mila euro”.