Palermo

Un editto libera le nigeriane dalla schiavitù: e le ragazze scappano dalle case di prostituzione

Genitori e parenti hanno contattato dalla patria le ragazze per comunicare la notizia
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Per le ragazze nigeriane vittime della tratta è un fatto epocale. L’Oba (che vuol dire re), Ewuare II, ossia la massima autorità religiosa dell’Edo State in Nigeria, qualche settimana fa ha convocato tutti i sacerdoti della religione tradizionale juju e, in una cerimonia solenne a Benin City che negli ultimi anni è diventata una sorta di capitale del sesso da esportazione, ha formulato un editto in cui ha revocato tutti i riti vudù che vincolano le ragazze ai loro sfruttatori, obbligando i sacerdoti juju a non praticarne più in futuro.

La notizia è arrivata anche a Palermo. Genitori e parenti hanno contattato dalla Nigeria le ragazze per comunicare la notizia, alcuni video stanno facendo il giro del web da giorni e anche la chiesa pentecostale sul territorio si sta facendo portavoce di questo messaggio. Così tante ragazze nigeriane sono scappate dalle case in cui erano costrette a prostituirsi e hanno chiesto aiuto. Sono già una ventina dopo l’editto del “re”.

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«Significa che le ragazze sono libere — dice Osas Egbon, referente dell’associazione Donne di Benin City che si batte per offrire un’alternativa a chi non riesce a uscire dal giro — Perché senza vudù non hanno più motivo di rimanere legate alle loro “maman”. Stiamo cercando di diffondere il più possibile questo messaggio. Purtroppo, però, chi scappa non ha un posto dove andare e la strada è sempre lì dietro l’angolo. Adesso che il “re” ci ha dato la forza, chiediamo anche alle istituzioni di fare la loro parte». L’associazione chiede, per esempio, di poter gestire qualche struttura per accogliere in un luogo protetto le ragazze che, forti dell’editto, si lasceranno la loro vecchia vita alle spalle. L’editto del “re” nasce dalla degenerazione del fenomeno della tratta delle ragazze nigeriane che sono sempre di più e sempre più giovani. Tantissime minorenni. Soltanto a Palermo sono oltre 500 e reggono la metà del giro della tratta in città. In nome di un rito vudù diventano schiave per anni, a volte per tutta la loro vita, perché credono che infrangendo il patto del rito moriranno o sarà fatto del male a qualche loro parente.

«Soltanto se si trovano dei luoghi sicuri per le ragazze le cose potranno davvero cambiare — dice Nino Rocca della rete sociale a sostegno della lotta alla tratta — Bisogna cavalcare questo momento favorevole in cui anche la massima autorità della Nigeria che è stata anche ambasciatore in Italia si è esposta su questo tema. Non si può più tornare indietro». Il 14 aprile al centro Santa Chiara dell’Albergheria ci sarà una grande festa per condividere con la città questa svolta. E, intanto, sono tante le ragazze che in queste settimane si sono rivolte allo sportello dell’associazione Donne di Benin City al Teatro Montevergini per chiedere aiuto. «Facciamo tutto quello che possiamo per aiutarle — dice Egbon — cerchiamo di metterle in guardia sui rischi che corrono. Tante hanno anche bambini e chiedono di poter vivere al sicuro, niente altro».