Palermo

Mafia: arrestato imprenditore edile, è accusato di essere un fedelissimo di Messina Denaro

Operazione della Dia in provincia di Trapani, fermato Nicolò Clemente, imprenditore edile di Castelvetrano
2 minuti di lettura
Il controllo del territorio veniva delineato “...come quannu lu attu va pisciannu dunni va camminannu…” (come fa il gatto che urina per delimitare il proprio territorio, ndr). Così diceva l'imprenditore edile Nicolò Clemente riferendosi a minacce e atti intimidatori da mettere a segno contro chi non voleva piegarsi alla spartizione delle commesse secondo il volere mafioso. È un altro uomo di fiducia dell'imprendibile ultimo padrino di Cosa nostra che cade nella rete degli investigatori. Nicolò Clemente, imprenditore edile di Castelvetrano, 58 anni, è stato arrestato questa mattina. È ritenuto vicino al boss Matteo Messina Denaro ed è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Ha partecipato a dei summit di mafia con il presunto reggente di Mazara del Vallo, Dario Messina, già fermato, in cui si parlava di spartizione di lavori edili. La sua famiglia, già in passato, è stata colpita da indagini e rivelazioni degli ultimi pentiti, primo fra tutti Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del boss. La Dia di Trapani, coordinata dal procuratore di Palermo FRancesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido della Dda e dai pm Gianluca De Leo e Carlo Marzella, su disposizione del gip di Palermo, ha anche sequestrato due aziende dell'imprenditore a disposizione della mafia: la Calcestruzzi Castelvetrano e la Clemente costruzioni.  

Le aziende di Clemente, secondo quanto riferito da Lorenzo Cimarosa e anche dal pentito Giuseppe Grigoli, sarebbero state utilizzate per condizionare il settore dell'edilizia pubblica assicurando affari alla famiglia mafiosa. E anche le sue aziende, hanno ricostruito gli investigatori, sono state sottoposte alla richiesta di messa a posto, come hanno "ascoltato" gli investigatori in alcune intercettazioni in carcere in cui parlava Patrizia Denaro, sorella del boss. Richieste di denaro alle quali Clemente ha cercato di sottrarsi dichiarando di essere in difficoltà finanziarie. 
La famiglia di Clemente ha rappresentato per gli investigatori, negli anni, lo zoccolo duro dell’associazione mafiosa attiva nella città di Castelvetrano. Nicolò Clemente è figlio di Domenico, cugino del capodecina Giusepppe Clemente, ai tempi in cui il mandamento era nelle mani del padre del boss Messina Denaro. Il fratello Giuseppe, sodale di primo rango e nella cerchia più ristretta e fidata degli amici di Messina Denaro, fu condannato per associazione mafiosa e per alcuni omicidi, commessi in concorso proprio con il superlatitante. Pericoloso killer di Cosa nostra trapanese, Giuseppe Clemente lavorò insieme al fratello Nicolò. Dopo la condanna all’ergastolo, Giuseppe cadde in depressione e si suicidò in carcere nel 2008, proprio nel giorno del compleanno dell’amico Matteo anche per scongiurare, molto probabilmente, il pericolo di poter cedere alla tentazione di collaborare con la giustizia.  

Il legame tra la famiglia Clemente e la famiglia Messina Denaro è anche di tipo imprenditoriale. La società "Enologica Castelseggio" è tra le aziende confiscate definitivamente nel tempo e nell'elenco dei soci c'erano i nomi delle famiglie vicine a Matteo Messina Denaro.  
Tra i principali elementi probatori, richiamati nel corpo del provvedimento cautelare, spicca il rapporto di “collaborazione” di natura fiduciaria tra Nicolò Clemente e Vito Cappadonna, condannato per aver agevolato la latitanza di Messina Denaro, mettendogli a disposizione vari alloggi e facendo da vivandiere. Nel corso dell’operazione la Dia di Trapani, in collaborazione con lo Sco e le squadre mobili di Trapani e Palermo, ha eseguito anche diverse perquisizioni nei confronti di presunti esponenti mafiosi castelvetranesi.