Palermo

Palermo, la mafia di Monreale e San Giuseppe Jato: due condanne

A Vincenzo Simonetti e Isidoro Buongusto sono stati inflitti rispettivamente 12 e 14 anni
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Il gip di Palermo ha condannato rispettivamente a 12 e 14 anni Vincenzo Simonetti e Isidoro Buongusto. Erano accusati di associazione mafiosa. L'accusa è stata sostenuta dal pm della Dda Amelia Luise.

Il processo, celebrato in abbreviato, nasce da un'inchiesta del 2017 su mafia ed estorsione a carico delle cosche di Monreale e San Giuseppe Jato. Tra gli indagati, processati però in ordinario, anche Gian Battista Ciulla, a capo della cosca di Monreale costretto a lasciare la Sicilia per evitare la vendetta del clan: avrebbe rubato i soldi dalle casse della "famiglia", mostrato poco interesse per le attività criminali disertando i summit, e intrecciato una love story con la moglie di un carcerato. Comportamenti che la cosca riteneva gravi violazioni delle "regole" di Cosa nostra e che aveva deciso di punire.

Dall'inchiesta è venuto fuori anche che dopo la fuga di Ciulla la successione al vertice sarebbe stata decisa in un summit organizzato  a febbraio del 2015 tra i boss di Monreale e quelli di San Giuseppe Jato. Francesco Balsano, nipote del capomafia, sarebbe stato designato per la sostituzione.

Ma nel corso del vertice, a cui presero parte Girolamo Spina, Vincenzo Simonetti e Ignazio Bruno per il mandamento di San Giuseppe Jato, Salvatore Lupo e Francesco Balsano per quello Monreale, si decisero anche le sanzioni per i fedelissimi di Ciulla. Come Benedetto Isidoro Buongusto al quale, a pochi giorni dalla riunione, fu fatta trovare davanti casa una testa di capretto con una pallottola conficcata e un biglietto con su scritto "da questo momento non uscire più perché non sei autorizzato a niente". Non soddisfatti i mafiosi passarono dalle parole ai fatti e incaricarono un uomo d'onore di San Giuseppe Jato, di dargli una lezione. Buongusto venne picchiato.