Palermo

Trattativa Stato-mafia, Calenda: "Preoccupano i pm alle riunioni di partito"

(lapresse)
Il ministro dimissionario contro Di Matteo. Forzisti all'attacco. Di Maio: "Sentenza che fa da spartiacque". L'associazione Rita Atria: "No ai berlusconiani nel governo"
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"Non conosco i fatti a sufficienza e in mancanza di approfondimento tendo a non commentare sentenze della magistratura. Sul piano della comunicazione magistrati che vanno a riunioni di partito e fanno dichiarazioni che vanno oltre le sentenze mi preoccupano". Il ministro dimissionario Carlo Calenda va all'attacco il giorno dopo la sentenza sulla trattativa Stato-mafia e soprattutto sulle polemiche seguite alle dichiarazioni di Nino Di Matteo, che ieri aveva parlato di un verdetto che "sancisce i rapporti col Berlusconi politico". Su Di Matteo piovono soprattutto gli strali forzisti: "A pensar male si fa peccato - dice la deputata Micaela Biancofiore - ma mi sembra perlomeno curiosa la coincidenza della presenza ad Ivrea al convegno dei 5 stelle del pm Di Matteo, con relativa ovazione contro Berlusconi, e il fatto che alla vigilia della sentenza di ieri, sia saltato proprio il governo dato per fatto centro destra-5 stelle. Forse qualcuno sapeva e ha rivelato l'esito della sentenza per impedire la soddisfazione del voto espresso dagli italiani".

Le conseguenze, del resto, sono intrinsecamente politiche. "Siamo in un momento del Paese, da ieri, in cui stiamo riscrivendo i libri di storia - dice il capo politico del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio - È un nuovo futuro. La sentenza di ieri di Palermo è uno spartiacque tra passato e futuro del Paese". "Noi - dice l'associazione Rita Atria - chiediamo che le forze politiche parlamentari, elette in rappresentanza del popolo italiano, isolino politicamente Forza Italia (non ci risulta che all'interno di Forza Italia sia stato aperto un dibattito sulla problematica e quindi riteniamo siano ancora compatti con il loro leader e fondatore), la cui genesi ormai è scritta in due sentenze di due tribunali italiani, e rifiutino come irricevibile ogni proposta di governo che contempli la presenza del partito tra le forze di maggioranza o in appoggio esterno all'esecutivo". "La mia considerazione - commenta il presidente della Lombardia, il leghista Attilio Fontana - è che forse questa sentenza è caduta in un momento non del tutto opportuno. E diciamo che forse sarebbe stato meglio non subordinare scelte politiche a questioni extrapolitiche. Non voglio ventilare nulla, ma dico che casualmente cade male e ora sarà il nostro segretario Matteo Salvini a fare le scelte del caso".

Il mondo dell'antimafia, dal canto suo, adesso tira le somme. "Avevamo sempre saputo e sospettato che vi fosse una trattativa tra Stato e mafia - dice Alice Grassi, figlia di Libero, l'imprenditore ucciso dalla mafia per essersi ribellato al racket - Proprio in quegli anni, nel 1991 è stato ucciso mio padre, o lo Stato non aveva gli strumenti o palesemente non interveniva per debellare questo fenomeno. Mio padre in quell'intervista rilasciata a Michele Santoro, a Samarcanda, parla della qualità del consenso. Se era la mafia che condizionava il voto, è ovvio che ci ritrovavamo tra i nostri legislatori la gente che difendeva i 'diritti' dei mafiosi e non della gente perbene". Sulla stessa linea d'onda il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: "I palermitani - dice - lo sanno, lo hanno sempre saputo; oggi grazie al lavoro coraggioso e puntiglioso di alcuni magistrati, ai quali non è mai mancato il sostegno e l'incoraggiamento della società civile e del Comune di Palermo, abbiamo anche le prove confermate da una sentenza: in quegli anni un pezzo importante dello Stato tradì lo Stato e i cittadini per farsi mafia, permettendo alla mafia di farsi Stato".