C’è Erik Prince dietro il conflitto Stato-Regioni in Somalia

Nei giornali somali online una notizia succulenta impazza: dietro il conflitto tra lo Stato centrale del Presidente Mohamed Abdullahi Mohamed “Farmajo” e i governatori delle Regioni che compongono lo Stato Federale, ci sono i soldi dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti portati da Erik Prince.

Per capire meglio l’importanza di questa notizia, occorre ricordare che tra i primi passi che Mohammed bin Salman - il giovane erede al trono della sunnita Arabia Saudita - ha mosso all’inizio del giugno scorso, vi è stata la messa al bando del Qatar, accusato di sostegno agli odiati sciiti dell’Iran. All’atto di bandire il Qatar dal consesso arabo, MbS (come viene confidenzialmente chiamato il giovane principe saudita dalla stampa internazionale) aveva chiesto il supporto degli alleati ed in tanti avevano aderito, dall’Egitto al Bahrein agli Emirati Arabi, ma non la Somalia il cui Presidente si era detto neutrale rifiutando, tra l’altro, l’offerta di 80 milioni di dollari che l’Arabia gli aveva fatto in contemporanea con la messa al bando del Qatar: un rifiuto coraggioso, forse troppo, per un Paese nelle condizioni di “Stato fallito” da cui ancora la Somalia non si è riscattata e per di più piegato da una siccità che ricorda da vicino quella devastante del 2011.

Alcuni mesi dopo, forse proprio per scindere quell’offerta dalla crisi col Qatar (non è caritatevole comprare una posizione politica!), l’Arabia ha concesso un contributo di 50 milioni di dollari al Presidente Farmajo che li ha subito utilizzati per ripianare gli stipendi arretrati dei dipendenti pubblici, tra cui quell’esercito che dovrebbe continuare a combattere la dolorosa piaga degli Al Shabab, ma i restanti trenta milioni dell’originario contributo sono stati elargiti, invece, ai Governatori delle Regioni in cui è suddiviso il territorio dello Stato Federale somalo. Poco meno di dieci milioni di dollari sono una somma enorme per ciascuna delle poverissime Regioni periferiche della Somalia e gran parte di quei soldi sono stati messi a disposizione della corruzione dei parlamentari affinché venisse sfiduciato il Primo Ministro per indebolire il Presidente e costringerlo finalmente a schierarsi a favore dell’Arabia contro il Qatar. La mossa non è ancora riuscita, ma rimane latente e i Governatori sono apertamente a favore di BnS contro il potere centrale.

I siti di news somali dicono che ad insinuare il cuneo divisivo del denaro arabo nelle massime istituzioni del Paese è stato il Sig. Erik Prince, un nome dietro il quale si cela un mondo di intrighi internazionali americani.

Contractors in azione

Contractors in azione

Figlio di un industriale miliardario dell’auto, Erik Prince si è da giovane arruolato nell’esercito dove è stato ammesso al famoso corpo superaddestrato dei Navy Seal. Lasciato il servizio militare, ha fondato nel 1997 la Blackwater, l’agenzia di reclutamento, addestramento e offerta sul mercato della sicurezza di soldati privati impiegata anche dalle amministrazioni USA, tra l’altro, in Iraq e Afghanistan incassando, fino al 2010, due miliardi di dollari. Prince ha venduto la Blackwater nel 2010. Quindi si è spostato negli Emirati Arabi dove ha fondato una nuova compagnia di mercenari: la Frontiers Services Group per la quale ha recentemente lanciato l’idea di schierare 750 uomini suddivisi in tre gruppi lungo la frontiera meridionale della Libia per intercettare i convogli degli emigranti di Ciad, Niger e Sudan, ricoverarli, curarli, nutrirli e rispedirli nei loro paesi con costi molto più bassi di quanto preventivato dall’Europa. Difficilmente la sua idea verrà accolta non avendo Erik Prince una storia rispettosa dei diritti umani. Nel 2007 i suoi contractor della Blackwater uccisero 17 civili a Bagdad e non è certo questo un buon viatico per affidargli il destino di tanti esseri umani in cerca di migliori condizioni di vita.

Ma se questo progetto di Prince non avrà futuro, un altro si è invece già concretizzato: portare gli Emirati, dove attualmente risiede Prince, ad acquisire la gestione di porti importantissimi per i traffici marittimi internazionali come quello di Berbera, nel Somaliland, e Bosaso nel Puntland, entrambi sul Golfo di Aden. Si tratta dei Porti che il rapporto annuale pubblicato il mese scorso dal Gruppo di Monitoraggio per Eritrea e Somalia ha indicato come centri di smistamento di armi in violazione dell’embargo comminato alla Somalia.

Lo Sceicco Abdiqadir Mumin, fondatore nel 2015 dello Stato islamico in Somalia sulle montagne Galagala nel Puntland

Lo Sceicco Abdiqadir Mumin, fondatore nel 2015 dello Stato islamico in Somalia sulle montagne Galagala nel Puntland

Si è trattato di un’iniziativa certo non distante dalla politica internazionale di Donald Trump. Il 48enne Erik Prince, infatti, è fratello di Betsy De Vos (nata Prince), Segretaria per l’Istruzione nominata da Trump nel febbraio 2017 e, del resto, la sua influenza negli affari somali appare ormai evidente. Sempre più spesso e in modo sempre più penetrante, gli strumenti aerei militari americani intervengono a supporto delle truppe federali nelle regioni di Medio Shabelle e Basso Shabelle contro gli Al Shabab e, nel Puntland, sulle montagne di Galagala contro l’ala intransigente comandata dallo Sceicco Abdiqadir Mumin che dal 2015 ha aderito all’ISIS istituendo lo Stato islamico in Somalia. Lo ha confermato il Generale Thomas Waldhauser, capo della base militare americana a Gibuti, dichiarando l’intensificarsi delle attività a supporto delle truppe federali contro gli insediamenti dei miliziani jihadisti. L’influenza militare americana, pubblica e privata, e quella economica e politica araba, in Somalia si congiungono.

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