Abiy Ahemd eletto Presidente dell’EPRDF. Forse sarà PM in Etiopia

Il Dr. Abiy Ahemd è il capo della OPDO – Oromo Peoples Democratic Organization - una sezione della coalizione di partiti EPRDF - Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front Council – ed è stato eletto lo scorso 27 marzo quale Presidente di quest’ultima organizzazione.

La notizia è di grande rilievo perché in passato il Presidente dell’EPRDF è sempre diventato Primo Ministro.

Se il Parlamento a sua volta lo approvasse, il Dr. Abiy Ahmed diventerebbe il primo leader mussulmano dell’Etiopia e, inoltre, sarebbe anche la prima volta di un Primo Ministro di etnia oromo: due primati con una sola elezione.

Il Presidente Abiy Ahmed Ali eletto il 27.03.2018 Presidente della coalizione EPRDF che governa l'Etiopia

Il Presidente Abiy Ahmed Ali eletto il 27.03.2018 Presidente della coalizione EPRDF che governa l'Etiopia

Questo possibile sbocco della crisi etiopica è stato costruito con grande laboriosità negli ultimi mesi dopo oltre due anni di disordini.

Quasi al termine del 2015, l’annus horribilis per l’Etiopia a causa dei negativi effetti del Nino sul clima, erano scoppiati i primi disordini tra gli Oromo e il governo che intendeva adottare, proprio in Oromia, una delle zone più ricche e fertili del Paese, il piano “land grab” destinato a privare gli agricoltori locali della terra, ufficialmente per ingrandire Addis Abeba, ma in realtà per favorire le grandi industrie straniere e, in particolare, cinesi.

Agli Oromo, che su 100 milioni di etiopi rappresentato il 32% della popolazione con 24 milioni di abitanti, si sono uniti anche gli Amhara con il 30,2% della popolazione e 23 milioni di abitanti. Entrambi questi due gruppi etnici maggioritari si sono ribellati al governo dei Tigrai che, dai tempi della cacciata del feroce dittatore comunista Menghistu nel 1991, detengono la totalità dei seggi in Parlamento ed hanno portato l’Etiopia verso una vera e propria dittatura invece che verso la democrazia.

I disordini sono culminati nell’eccidio del 2 ottobre 2016 quando sulle rive del Lago Harsadi, 150 tra uomini, donne e bambini sono finiti in gran parte calpestati o soffocati dalla folla che cercava di sfuggire alle armi della Polizia. Il 16 ottobre 2016 il Parlamento aveva decretato lo stato di emergenza nelle regioni degli Oromo e degli Amhara con la deportazione di circa 55.000 persone e migliaia di arresti tra cui i capi delle etnie in rivolta. Col tempo gli sfollati erano saliti a circa 450 mila (poi sono giunti a un milione) ma quando il 4 agosto 2017, dopo dieci mesi, lo stato di emergenza è stato revocato, i disordini sono esplosi più cruenti di prima gettando il Paese nella quasi totale instabilità.

All’inizio di quest’anno il cinquantacinquenne Premier Hailé Mariam Desalegn, cristiano protestante e dal brillante curricolo, ha annunciato la liberazione di migliaia di prigionieri politici, ma si è trattato di un ultimo tentativo di pacificare il Paese stremato dalle violenze etnico-religiose che hanno provocato almeno 700 morti.

L’insufficienza dalla misura adottata, assieme all’avvitamento sempre più rapido verso il basso dell’economia del Paese, a portato Hailé Mariam Desalegn lo scorso 15 febbraio a rassegnare le dimissioni, sia da Primo Ministro, che da Presidente dell’EPRDF.

Non si è trattato, però, di un fulmine a ciel sereno, bensì di una presa di coscienza maturata già sul finire dello scorso anno.

A dicembre 2017 il Comitato Esecutivo dell’EPRDF si era riunito e per 17 giorni aveva discusso proprio della mancanza di democrazia e di debolezza della premiership. Da queste riflessioni era maturata la decisione delle scarcerazioni del successivo 3 gennaio di quest’anno. Tuttavia, subito dopo le dimissioni del Premier, il Parlamento ha deliberato un nuovo stato di emergenza, criticato da molti e, soprattutto, incapace di sedare il clima di rivolta che permaneva nel Paese. All’interno dell’EPRDF si è continuato a discutere sui possibili sbocchi della crisi cominciandosi a ipotizzare la possibilità di nominare, quale nuovo Presidente della coalizione politica, un appartenente all’etnia Oromo, anche per dare un segnale di pacificazione non solo all’interno del Paese, ma anche a livello internazionale dove grande è stata in questi due anni la preoccupazione per l’instabilità di un partner così importante sullo scacchiere geopolitico del Corno d’Africa.

Una simile opzione proponeva due nomi: quello di Lemma Megersa, Presidente della Regione di Oromia, e quello del suo vice, il Dr. Abiy Ahmed, entrambi rinnovatori dell’OPDO, uno dei quattro partiti a base etnica che compongono la coalizione dell’EPRDF.

Sebbene Lemma sarebbe stata la scelta nazional popolare, avendo una base di sostenitori che supera le linee del partito etnico e persino quelle politiche, alla fine l’ha spuntata il Dr. Abiy Ahmed.

Questo deputato 41enne è forse il punto di minor contrasto tra le forze etnico politiche che governano l’Etiopia. È nato da madre cristiana e padre mussulmano, si è laureato ad Addis Abeba e parla tutte le lingue del Paese. Ha operato nell’esercito dove è arrivato al grado di tenente colonnello e comprende quindi le complesse dinamiche dell’esercito e dell’intelligence militare. Ha quindi prestato servizio anche sotto il governo tigrino conoscendone i vantaggi e gli svantaggi. È un ottimo comunicatore ed è dotato di carisma.

La sua nomina a Primo Ministro aiuterebbe sicuramente alla pacificazione dell’Oromia e, quindi, la stabilizzazione dell’intero Paese che ha assoluta necessità di un periodo di pacificazione con l’adozione di maggiori libertà democratiche e di riforme economiche.

L’Etiopia deve scegliere tra l’evoluzione economica democratica e pacifica e la brutale lotta per il potere. L’elezione del Dr. Abiy Ahmed a Presidente della coalizione EPRDF sembra andare nella giusta direzione.

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