28 febbraio 2018 - 09:31

Viktor Orban, premier ungherese dall’anticomunismo alla legge ««Stop Soros»

Il primo ministro ungherese riceverà oggi la visita di Giorgia Meloni, leader di FdI, che l’ha elogiato per le sue politiche contro l’immigrazione massiva e le normative economiche dell’Unione Europea. E’ fra i fondatori del «Gruppo di Visegrad»

di Ester Palma

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Viktor Orban ha 55 anni e una lunga storia politica alle spalle, iniziata da giovanissimo da fondatore dell’Alleanza dei Giovani Democratici (da cui l’acronimo Fidesz), di impronta anticomunista. Il suo primo governo risale al 1998, con l’Ungheria ancora economicamente segnata dalle conseguenze dei 40 anni di regime comunista. Da premier scelse di orientarsi sulle liberalizzazioni e sull’integrazione con l’Europa, di cui l’ingresso nella Nato, nel 1998, fu un passo significativo, con la partecipazione dell’Ungheria alla guerra in Iraq.

Le riforme alla Costituzione

Alle elezioni parlamentari del 2010, Fidesz ottenne la maggioranza parlamentare più ampia dalla caduta del comunismo (263 seggi su 386). Con questi numeri il governo Orbán ha dato il via a una serie di riforme fino alle modifiche alla Costituzione, con la riduzione dei parlamentari da 386 a 199. Le novità in vigore dal il 1º gennaio 2012 riguardano soprattutto la centralità della famiglia, della tradizione e della religione cattolica. Anche il nome del Paese è stato cambiato, da «Repubblica d’Ungheria» a «Ungheria». Attualmente Orban è al suo terzo governo ed è in carica dal 2014, ma l’8 aprile sono previste le elezioni per il rinnovo del parlamento. Fidsz sarebbe in testa ai sondaggi, ma nei giorni scorsi un primo test elettorale per le comunali nella cittadina di Hodmezovasarhely, nel sud del Paese, da sempre feudo del partito di governo, ha visto invece la vittoria del candidato dell’opposizione.

Il no all’immigrazione di massa

Finora Fidesz si è distinta per provvedimenti in controtendenza con le normative Ue: come la legge «Stop Soros», che sarà discussa dopo le elezioni di aprile. Nel testo si dice che le organizzazioni non governative (Ong) dovrebbero pagare il 25% di imposta su tutti i contributi finanziari, con il possibile divieto di accedere nei centri di accoglienza entro i confini ungheresi. Le Ong dovranno poi registrarsi presso il ministero dell’Interno. La legge prende il nome dal magnate americano ma di origine ungherese George Soros, accusato dall’esecutivo di Budapest di sostenere le politiche migratorie e quindi l’instabilità in tutta Europa. Fidesz punta anche per questo a ottenere una maggioranza parlamentare di due terzi, necessaria per l’approvazione di disposizioni in materia di sicurezza nazionale.

Le elezioni dell’8 aprile e le polemiche con le Nazioni unite

Negli ultimi tempi il partito di Orban si sta concentrando molto sulle questioni legate all’Europa, rischiando, secondo alcuni analisti ungheresi, di perdere di vista i problemi interno, cosa che potrebbe fargli perdere i tantissimi consensi acquistati grazie alle sue dichiarazioni contro l’Europa e l’immigrazione. Nei giorni scorsi l’Ungheria ha chiesto qche le dimissioni dell’alto commissario delle Nazioni unite per i Diritti umani Zeid bin Raad Al Hussein, «per le sue inaccettabili e «inappropriate» critiche alle posizioni anti-migranti del premier, Viktor Orban». A Ginevra, l’alto commissario aveva parlato di «xenofobi e razzisti in Europa, tra cui il premier Orban che questo mese ha detto che non vuole che il colore della sua pelle si mescoli a quello di altri».P eraltro, secondo i dati del ministero degli Ester ungherese, nel 2017 l’Ungheria ha accolto volontariamente 1.300 rifugiati, un numero più o meno uguale a quello che sarebbe stato imposto a Budapest dall’Ue nell’ambito del regime di quote migratorie.

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