Milano, 26 novembre 2017 - 12:42

Angelus, Papa Francesco: «Dolore per la strage in Egitto, pregavano, ora preghiamo anche noi»

Il Pontefice ha espresso la sua «ferma condanna per l’attentato. E ha detto: «Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore, cioè sul nostro concreto impegno di amare e servire Gesù nei nostri fratelli più piccoli e bisognosi»

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«Cari fratelli e sorelle, ci ha dato grande dolore, venerdì scorso, la notizia della strage avvenuta in una moschea nel nord del Sinai». Lo ha detto Papa Francesco all’Angelus, in piazza San Pietro gremita di gente. Il Papa esprime il suo dolore anche perché, dice ,«la gente in quel momento stava pregando, adesso preghiamo anche noi in silenzio preghiamo per loro».

Il Sinai martoriato

Ha parlato della strage avvenuta venerdì in Egitto in una moschea nel nord del Sinai, nella quale sono morte oltre 300 persone. «Continuo a pregare per le numerose vittime, per i feriti e per tutta quella comunità, così duramente colpita. Dio ci liberi da queste tragedie e sostenga gli sforzi di tutti coloro che operano per la pace». Papa Francesco aveva già espresso la propria «ferma condanna» a poche ore dall’attentato, in un telegramma in cui tra l’altro diceva di unirsi «a tutte le persone di buona volontà nell’implorare che i cuori induriti dall’odio imparino a rinunciare alla violenza che porta a tanta sofferenza».

Il giudizio sull’amore

Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore, cioè sul nostro concreto impegno di amare e servire Gesù nei nostri fratelli più piccoli e bisognosi. Gesù verrà alla fine dei tempi per giudicare tutte le nazioni, ma viene a noi ogni giorno, in tanti modi, e ci chiede di accoglierlo. Quel mendicante, quell’affamato, quel malato è Gesù. Pensiamo a questo»

Aiutare è l’amore concreto

Questa mattina erano saliti a 305 i morti nell’attentato alla moschea in Egitto, e 128 erano i feriti accertati. «I giusti - ha commentato il Papa - rimangono sorpresi, perché non ricordano di aver mai incontrato Gesù, e tanto meno di averlo aiutato in quel modo; ma Egli dichiara: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”». «Questa parola - ha continuato Francesco - non finisce mai di colpirci, perché ci rivela fino a che punto arriva l’amore di Dio: fino al punto di immedesimarsi con noi, ma non quando stiamo bene, quando siamo sani e felici, no, ma quando siamo nel bisogno. E in questo modo nascosto Lui si lascia incontrare, ci tende la mano come mendicante. Così Gesù rivela il criterio decisivo del suo giudizio, cioè l’amore concreto per il prossimo in difficoltà». Quando saremo giudicati, conclude il Papa, il Signore ci chiederà che cosa abbiamo fatto per lui. Molti risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”, proprio come dice il vangelo. ma sottinteso, sostiene in Pontefice c’è questo pensiero: «Se ti avessimo visto, sicuramente ti avremmo aiutato». Ma a quel punto il Re risponderà: «Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».

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