Milano, 14 ottobre 2017 - 10:45

Pedofilia, video con minorenni Arrestato anche un impiegato Atac

Con il sessantenne figurano altri due romani nell’elenco dei 48 indagati dalla procura distrettuale di Trento nell’inchiesta su un giro nazionale di materiale pedopornografico. In manette anche un pensionato di Ardea, mentre un artigiano è stato denunciato

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Lo hanno arrestato perché durante la perquisizione del suo appartamento i poliziotti della Postale gli hanno trovato centinaia di filmati a sfondo pedopornografico. «Roba piuttosto cruda, video di atti sessuali con minorenni, non ci sono dubbi», spiegano gli investigatori del Compartimento del Trentino e dell’Alto Adige che ieri hanno arrestato dieci pedofili (fra i quali anche un giudice della Corte d’Appello di Reggio Calabria,Gaetano Maria Amato, 58 anni) su tutto il territorio nazionale denunciandone altri 38. Anche un dipendente dell’Atac di 63 anni, C.C., era solo indagato prima del controllo domiciliare svolto su ordine della procura di Trento che ha coordinato l’operazione Black Shadow. Ma poi dalla perquisizione sono saltati fuori file a ripetizione.

Gigabyte di immagini e filmati che il sessantenne aveva ricevuto - «gratis», spiega la polizia postale - dal capo dell’organizzazione, un quarantenne disoccupato residente in Val Pusteria, anche lui finito in manette. L’impiegato dell’azienda di trasporto pubblico è uno dei tre romani coinvolti nell’indagine, che tuttavia non è ancora conclusa. Con lui è stato arrestato per lo stesso motivo un ex artigiano, ora in pensione, P.O., 59 anni, residente ad Ardea, mentre un commerciante romano di 44, E.F., è stato solo denunciato: a casa gli è stato trovato materiale pedopornografico ma non in quantità ingente, come gli altri due ai quali viene contestato anche il fatto di aver raccolto in maniera sistematica e protratta nel tempo i file con gli abusi sui ragazzini.

Senza contare le conversazioni che venivano scambiate con il quarantenne della Val Pusteria conosciuto dapprima su una chat riservata e frequentata dai pedofili e poi contattato in diverse occasioni su un programma di messaging criptato ma di uso comune. «Pensavano di essere al sicuro e quindi si sono lasciati andare a commenti particolarmente pesanti su quello che facevano», spiegano ancora gli investigatori, guidati dal dirigente del Compartimento, Sergio Rossi. Il capo della banda si spacciava spesso per la madre di un’adolescente pronta a cederla ai suoi contatti, anche romani. «Che bella figlia - diceva per messaggio l’orco altoatesino -, mi intriga il rapporto che stiamo costruendo».

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