1 aprile 2018 - 09:36

Francesco, don Pietro e i volontari dell’associazione Baobab

Alla Veglia pasquale il Pontefice invita a non restare inerti davanti alle ingiustizie. L’esempio di sacerdoti come don Pietro, a Sant’Eustachio, che ogni giorno serve pasti ai bisognosi e dei giovani di «Baobab» che aiutano i migranti

di Gian Guido Vecchi

(LaPresse) (LaPresse)
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«In mezzo ai nostri silenzi, le pietre cominciano a gridare». Le parole di Francesco, ieri sera, alla Veglia pasquale, sono una sferzata a credenti e non credenti. Un invito a non abdicare alla propria umanità e a non restare inerti, «ammutoliti e ottenebrati», davanti alle ingiustizie che abbiamo sotto gli occhi. Oggi il vescovo di Roma ripercorrerà le sofferenze del pianeta - povertà, guerre, migrazioni forzate - nel messaggio urbi et orbi: al mondo e alla sua città. Sono parole scomode, quelle del Papa: è l’ipocrisia dei «puri» che ha gridato «crocifiggilo!»; il messaggio di «rinascita» della Pasqua deve trasformarsi «in gesti concreti di carità», ha ripetuto al Colosseo.

Francesco sfida la «coscienza addormentata dell’umanità» e mostra l’esempio di chi osa rischiare per servire «i poveri, gli scartati, gli immigrati, gli invisibili, gli sfruttati, gli affamati, i carcerati». Anche questi esempi, li abbiamo sotto gli occhi. Sacerdoti come don Pietro, a Sant’Eustachio, che ogni giorno serve in pieno centro tre turni di pasti a chi ne ha bisogno, aprendo le porte della basilica; i volontari dell’associazione Baobab, che da anni assistono i disperati intorno alla stazione Tiburtina e avrebbero bisogno di sostegno e sicurezze, non di sgomberi. Si tratta di scegliere. Francesco ha concluso la sua riflessione con una domanda: «Vogliamo partecipare a questo annuncio di vita o resteremo muti davanti agli avvenimenti?».

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