11 febbraio 2018 - 08:39

Lazio, Zingaretti in vantaggio: il centrodestra paga le divisioni

Il governatore uscente al 33%, resta in partita Lombardi con il 29% Da Parisi a Pirozzi L’ex manager al 22% in parte penalizzato dal voto disgiunto, il sindaco è al 12%

di Nando Pagnoncelli

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Il 4 marzo i riflettori saranno puntati non solo sulle elezioni politiche ma anche sulle Regionali che si terranno nelle due più popolose regioni d’Italia, la Lombardia e il Lazio. Nel sondaggio odierno l’attenzione è rivolta al Lazio, una regione nella quale dal 1995 in poi si sono alternate giunte di centrosinistra e di centrodestra guidate, nell’ordine, da Badaloni, Storace, Marrazzo, Polverini e Zingaretti. Con l’eccezione del presidente uscente, che nel 2013 si affermò su Storace con oltre 10 punti di vantaggio, nelle restanti sfide il vincitore ebbe la meglio per pochi punti, a conferma di un grande equilibrio e di un’elevata incertezza. Emblematico in tal senso fu il confronto del 1995 tra Badaloni e Michelini che risultarono separati da poco più di 5.000 voti (0,17%) su oltre 3 milioni di votanti.


Dal 2013 in poi nel Lazio, non diversamente dal resto del Paese, lo scenario è diventato tripolare e ciò si riflette sulle opinioni dei cittadini, giacché solitamente due elettorati antagonisti tendono a coalizzarsi contro il terzo, quindi i detrattori sono per chiunque più numerosi dei sostenitori. Ne consegue che, riguardo all’amministrazione uscente, prevalgono i giudizi negativi (53%) su quelli positivi (43%), mentre quelli sul presidente Zingaretti fanno registrare un perfetto equilibrio tra positivi e negativi (46%), in virtù delle opinioni favorevoli espresse da circa il 30% degli elettori dei partiti dell’opposizione.


Il livello di notorietà dei quattro principali candidati alla presidenza è piuttosto diverso, infatti mentre Zingaretti è conosciuto dalla quasi totalità dei laziali (98%), il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi è noto all’82%, il candidato del centrodestra Stefano Parisi al 71% e Roberta Lombardi (M5S) al 63% degli elettori.
Il candidato più gradito risulta Zingaretti (43%) che prevale su Pirozzi (35%), Lombardi (26%) e Parisi (23%); tuttavia per tutti i candidati prevalgono le valutazioni negative: la differenza tra coloro che gradiscono la candidatura e coloro che non la gradiscono mostra un saldo negativo che va dal -3% per Zingaretti e Pirozzi, al -5% di Lombardi, al -20% per Parisi. Riguardo alle intenzioni di voto, ad oggi Zingaretti risulta in vantaggio di 4 punti sulla Lombardi (33 a 29%); a seguire Parisi che prevale su Pirozzi (22 contro 12%) e gli altri candidati che, tutti assieme, raggiungono il 4%. Va detto che il sondaggio è stato condotto prima della notizia dell’apertura dell’indagine su Pirozzi. Un elettore su tre (32%) si dichiara indeciso o manifesta l’intenzione di disertare le urne.

Il centrodestra diviso appare fortemente penalizzato: se le forze politiche avessero trovato un accordo per un unico candidato, il centrodestra probabilmente sarebbe stato più competitivo, come si può notare sommando le preferenze per Pirozzi e Parisi. Ma non c’è controprova. Quanto alle intenzioni di voto per i partiti, occorre essere molto cauti per due motivi: la presenza delle liste del candidato e la tradizionale astensione di lista da parte di una quota non indifferente di elettori che scelgono di votare solo per il candidato. Alle regionali del 2013 si recò alle urne il 72% dei laziali, ma solo il 59% votò per un partito.


Le liste che sostengono Zingaretti oggi si attestano al 32,3%, il Movimento 5 stelle al 30,9%, quelle che sostengono Parisi al 26,9% e la lista Pirozzi al 5,6%. Ciò significa che probabilmente una parte di elettori delle liste di centrodestra propende per il voto a Pirozzi anziché a Parisi, optando per un voto disgiunto tra candidato e lista, ciò che consente a Pirozzi di raddoppiare il proprio voto rispetto alle liste.
Gli orientamenti di voto dei laziali alle politiche fanno registrare, rispetto al 2013, una sostanziale stabilità del centrosinistra che si attesta al 26,7% (con il PD in netto calo, compensato dalla presenza degli alleati), il M5S in crescita (dal 28% al 32,9%) come pure il centrodestra (dal 28% al 32,5%).


L’esito del voto appare influenzato da tre elementi: i giudizi sull’operato del presidente Zingaretti e della sua giunta, il sentiment dei cittadini riguardo all’economia e alle prospettive future e l’election day. La lunga crisi economica ha aumentato le disuguaglianze tra i cittadini e solo un laziale su quattro (27%) ritiene che il peggio della crisi sia alle nostre spalle mentre una quota pressoché simile pensa che siamo ora all’apice della crisi e oltre uno su tre (36%) si mostra pessimista ed è convinto che il peggio debba ancora arrivare. Infine l’election day: il voto in un’unica giornata sia per le politiche sia per le regionali può determinare un certo disorientamento in una parte degli elettori sia per la presenza di coalizioni diverse nelle due consultazioni elettorali (basti pensare a Pd e LeU che sono in competizione alle politiche mentre sono alleati alle regionali), sia per la presenza di liste civiche collegate ai candidati alle regionali che potrebbero essere penalizzate dal prevalere del voto politico. L’eventuale riconferma di Zingaretti rappresenterebbe da una lato un risultato inedito nel Lazio, poiché per la prima volta da oltre vent’anni si confermerebbe il presidente uscente, e dall’altro potrebbe essere una spinta alla revisione delle politiche di alleanze sostenuta dal Pd di Renzi.

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