20 febbraio 2018 - 17:53

Roma, Salone Margherita in vendita: appelli per bloccare l’operazione

Ennesimo tentativo da parte di via Nazionale di vendere il teatro, tempio del varietà e della satira a due passi da piazza di Spagna. Nei mesi scorsi, via Nazionale ha deciso di abbassare il prezzo: 10 milioni di euro

di Flavia Fiorentino

Il Salone Margherita (Ansa) Il Salone Margherita (Ansa)
shadow

Ennesimo tentativo da parte della Banca d’Italia di vendere il Salone Margherita, tempio del varietà e della satira a due passi da piazza di Spagna. Nei mesi scorsi, via Nazionale ha deciso di abbassare il prezzo: 10 milioni di euro. E non ha rinnovato il contratto a Nevio Schiavone, l’impresario che 3 anni fa lo aveva rilevato e ci aveva investito rilanciandolo fino a raggiungere 30 mila spettatori nel 2017. E’ da tempo che la Banca d’Italia tenta di disfarsi di questo gioiello Liberty. Già nel 2007 l’asta da 15 milioni di euro era andata deserta.

Marinetti, Petrolini, Totò e Lionello

E poi ancora nel 2010 e infine nel luglio scorso quando sono state avviate le procedure gestite questa volta internamente dalla banca dopo la deludente esperienza con illustri advisor immobiliari. Nato nel 1898 come Café Chantant, luogo in cui passare del tempo anche prima e dopo le rappresentazioni, il teatro ha rappresentato un momento glorioso della vita mondana della Capitale ospitando gli spettacoli di Marinetti, Ettore Petrolini, Lina Cavalieri, Totò, Aldo Fabrizi e Oreste Lionello. Negli anni Settanta il Salone Margherita, in declino, fu rilevato dalla compagnia di Castellacci e Pingitore e per molti anni ha fatto da sfondo agli spettacoli satirici del Bagaglino, poi ripresi in tv da Rai e Mediaset, raggiungendo anche 14 milioni di spettatori. Oggi il Teatro rischia di chiudere e non è ancora chiara la sua destinazione anche se sembra che la Banca d’Italia abbia dovuto inserire per legge una clausola che impedirebbe un utilizzo diverso da quello originario.

I sostenitori del Bagaglino

Da Vittorio Sgarbi a Philippe Daverio e Vittorio Emiliani, molte le voci in difesa di uno dei pochi teatri che ancora sopravvivono nella Capitale. La paura è che il potenziale investitore che sborsa una cifra così ingente, non si potrà mai accontentare dagli introiti che giungono dall’attività teatrale. Così, come è avvenuto per il cinema Etoile in piazza in Lucina (ora occupato da un marchio del lusso), potrebbe restare volutamente chiuso per molti anni per poi riapparire come centro commerciale o attività simili. Philippe Daverio chiede l’intervento diretto del Mibact «per tutelare il teatro come oggetto storico, dalla struttura agli arredi» accusando via Nazionale di aver «usato una logica puramente econometrica» mentre un appello con 5mila firme raccolte sulla piattaforma Change del blogger Stefano Molino è stato rivolto allo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, al ministro Franceschini e al sindaco Raggi.

La mozione

Ieri infine Fratelli d’Italia ha annunciato «una mozione volta alla salvaguardia di questo luogo storico in cui chiediamo al sindaco e alla giunta di farsi promotori presso la Banca d’Italia di una richiesta istituzionale tendente ad evitare la cessione del teatro. E’ necessario — conclude la nota — un tavolo di concertazione tra soprintendenza di Stato, Sovrintendenza comunale e la stessa Banca d’Italia per porre un freno alla sistematica aggressione alle città storiche, con lo snaturamento dei loro servizi culturali». Flavia Fiorentino

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT