25 gennaio 2018 - 16:34

Cassino, i funerali del padre accusato di aver violentato la figlia. Il parroco: «Dialogo tra due crocifissi»

In tanti per l’ultimo saluto all’agente della polizia penitenziaria 53enne che si è impiccato nella chiesa di San Tommaso di Roccasecca. Presenti moglie e figlie. Don Valente: «Non posso pensare che in un luogo come quello non ci sia stato un incontro e un dialogo tra due crocifissi». E anche: «Nessuno va lasciato solo»

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Ai funerali della guardia carceraria che si è suicidato dopo che la figlia aveva raccontato in un tema di aver subito da lui ripetute violenze sessuali, il parroco don Giandomenico Valente, ha detto poche parole ispirandosi a Isaia. Ma una frase in particolare ha colpito, quando ha detto: «Non posso pensare che in un luogo come quello non ci sia stato un incontro e un dialogo tra due crocifissi». In queste parole alcuni hanno visto quasi un suggerimento del padre all’uomo che sarebbe stato «crocifisso», come spinto al suicidio per la rilevanza mediatica data alla vicenda.

Questa l’omelia di don Valente, riportata per intero: «Per riprendere le parole che abbiamo ascoltato dal passo del profeta Isaia, oggi il Signore ha chiesto a noi di “fasciare le piaghe dei cuori feriti, annunciare la libertà degli schiavi, consolare i sofferenti e cambiare in olio di letizia gli abiti del lutto” (cfr. Isaia 61,1-3). Questo è un momento difficile per tutti. Di quelli che spezzano il cuore di una famiglia e di una comunità. Uno di quegli eventi in cui si rifiuta di pensare e si rinuncia a capire. Perché certe vicende si vivono senza capirne mai il senso. È tutto troppo grande per le nostre povere possibilità. In questi casi, se si è credenti, si cerca una luce in fondo al tunnel, un aiuto e una speranza in Dio. Ma neppure questa ricerca di un sostegno spirituale è esente da un grido che nasce dal dolore. Anche Gesù sulla croce ha gridato: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Marco 15,34).

E noi oggi, con il Vangelo che è stato proposto, diciamo: “Signore, se tu fossi stato qui, questo fratello non sarebbe morto” (cfr. Giovanni 11,32). Dov’eri, lassù, sul monte, nella luce soffusa di quella chiesa che ci è cara come le nostre case? Ma Dio c’è sempre, soprattutto dove la gente soffre, dove un uomo muore. C’è sempre! In questi giorni non ho smesso di pensare che questo fratello sia salito lassù non per segnare la fine di una storia, ma per trovare un sollievo, per incontrare lo sguardo di quel grande Crocifisso che custodisce l’antico eremo di San Tommaso d’Aquino. Credo che gli abbia parlato, che gli abbia detto, come l’altro crocifisso dei Vangeli sulla sommità del Golgota: “Gesù, ricordati di me, non negarmi la tua misericordia!”.

Non posso pensare che in un luogo come quello non ci sia stato un incontro e un dialogo tra due crocifissi! Ed è per questo che oggi, insieme a tutti voi, con la mia e con le vostre preghiere accompagno questo fratello sulla soglia del Cielo, per consegnarlo per sempre al Dio della Vita. Signore, grande nell’amore, prendilo con te. È stato solo un uomo fragile! E poi il Signore posi il suo sguardo su voi familiari… Il Dio della consolazione, nel quale noi crediamo, investa un supplemento di provvidenza perché diventi più lieve il peso del vostro dolore. In questa “notte” che attraversate, Dio accenda quelle piccole stelle che in genere hanno i nomi di coloro che ci vogliono bene. Così porteranno anche i nomi di quanti tra noi non vi lasceranno soli. Al resto del mondo, a tutti gli altri che in questi giorni ci girano attorno, vorrei chiedere soltanto il dono di un po’ di silenzio. E magari di riflettere su un’unica realtà: nessuno va lasciato solo, nemmeno un uomo che può aver fatto degli errori, perché un uomo, se resta solo, muore!

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