4 dicembre 2017 - 22:54

Il Pd e la cosa rossa alla guerra dei collegi

Dopo la discesa in campo di Pietro Grasso, la competizione a sinistra rischia di favorire il Movimento 5 Stelle e Forza Italia nel voto uninominale alle Politiche del 2018

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ROMA La matematica non è un’opinione e ora rischia di diventare ossessione per i candidati del Pd nei collegi uninominali che al Nord si troveranno a competere con avversari fortissimi del centro destra trazione leghista. Ma,in casa dem, le ansie da prestazione riguardano anche le sfide dirette nel resto del Paese - fatte salve l’Italia appenninica e la fascia Tosco-Emiliana - dove potrebbe essere determinante (per far perdere loro il collegio a beneficio della destra o del M5S) l’offerta concorrente della lista di sinistra Liberi e Uguali guidata dal presidente del Senato Pietro Grasso.

La guerra fratricida a sinistra è già iniziata. «La prossima campagna elettorale sarà all’ultimo voto. Anche una piccola percentuale farà la differenza», detta la linea Matteo Renzi. E a Roberto Speranza («Liberi e Uguali») che al Corriere della Sera ha annunciato una «sfida al Pd collegio per collegio», risponde il vice segretario dem Lorenzo Guerini: «Il Pd invece vuole sfidare la destra e i 5stelle. La differenza, alla fine, è tutta qui». E Piero Fassino (Pd), ambasciatore con la sinistra, aggiunge: «Con Liberi e Uguali più difficile vincere su populismo e destra».

Con il «Rosatellum» i seggi maggioritari (nel collegio vince il candidato che ottiene anche un solo voto in più) sono 116 al Senato e 232 alla Camera. La lista di sinistra Liberi e Uguali (accreditata tra il 6 e il 10%) potrebbe non vincere in nessun collegio. Ma la squadra che schiera, oltre Grasso, Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani e altri big della sinistra può fare molto male ai candidati del Pd anche quando la loro vittoria è a portata di mano. Con 3 o 4 squadre in campo, il collegio uninominale ormai si vince anche con il 30% dei voti e, dunque, quei consensi marginali sottratti al serbatoio tradizionale della sinistra possono fare la differenza. Per il Pd.

Ma la lista Liberi e Uguali fa già argine davanti alla campagna dem sul «voto utile»: «La nostra capacità di espansione non è a danno del Pd perché con Grasso front- men recupereremo chi non è più andato a votare, seppure ad intermittenza, e porteremo alle urne cittadini che per nessuno motivo voterebbero per Renzi», spiega il senatore bersaniano Federico Fornaro. Che conosce bene il suo ex partito e la carta dei collegi: «Credo che, per un riflesso condizionato, il richiamo al voto utile prevarrà in Toscana e in Emilia. Ma al Centro e al Sud , visto che al Nord non c’è storia,la partita è tutta da giocare».

Anche alla lista di sinistra servono nei collegi tutti i «cavalli di razza» di cui può disporre per rastrellare il maggior numero di consensi. Il voto è unico e non c’è accordo di desistenza che tenga quando la legge voluta dal Pd con 8 voti di fiducia ha escluso la doppia scheda (una per il maggioritario e una per il proporzionale): «Il Pd e non noi», dice Alfredo D’Attore (Liberi e Uguali), «ha previsto con il “Rosatellum” che chi non presenta il candidato all’uninominale poi si vede respingere in quel collegio anche la lista proporzionale. Così, avendo libertà di manovra, schiereremo anche nei collegi i candidati migliori».

Ecco allora che il «dream team» immaginato dalla sinistra per fare male al Pd nei collegi prevederebbe uno schema classico pur con il recupero sicuro nel proporzionale: Grasso a Palermo, D’Alema in Salento, Bassolino a Napoli, Speranza a Potenza, Errani a Ravenna, Fontanelli a Pisa, Bersani a Piacenza, Civati a Milano. Ma le carte della sinistra potrebbero essere rimescolate la sera in cui scadono le candidature. E così in commissione Affari costituzionali, Emanuel Fiano (Pd), dopo aver ascoltato il presidente dell’Istat Giorgio Alleva sulla mappa dei collegi, ha insistito su alcune «correzioni» in Toscana e in Lombardia. Gregorio Fontana (FI) e Danilo Toninelli (M5S) sono contrari ma i dem insistono perché certi «collegi rossi» non sono più sicuri come una volta. Ma c’è un’altra scuola di pensiero, quella di Pino Pisicchio che ha studiato a fondo il Mattarellum, secondo i cui calcoli nel ‘94, nel ‘96 e nel 2001 il profilo dei candidati uninominali ha inciso per lo 0,8% sul voto di lista. Eppure il governatore Michele Emiliano (Pd) è convinto che il mancato accordo a sinistra «regalerà 60-70 collegi a FI e al M5S».

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