Milano, 12 novembre 2017 - 22:33

Paradise Papers, il governo accende un faro sul caso Vitrociset

Pronta la Golden power per la vendita della società finita nei dossier

shadow

Se non si tratta di un dossier ufficiale, è comunque qualcosa di più di un contatto fra un’azienda sensibile per gli interessi nazionali e gli uffici di Palazzo Chigi. È cosa nota al governo che la famiglia Crociani voglia vendere la società informatica, con sede a Roma, che da alcuni decenni fornisce servizi ad alto tasso di contenuto strategico a istituzioni chiave del nostro Paese: da Bankitalia al ministero della Difesa, dalla Guardia di Finanza all’Agenzia spaziale italiana. Il problema è che il dossier è talmente delicato che trovare informazioni ufficiali è quasi impossibile. Il caso è nato dalla diffusione dei documenti dello studio legale offshore Appleby, consegnati da una fonte anonima a un consorzio di giornalisti investigativi, di cui per l’Italia fanno parte la testata di Rai3 Report e L’Espresso. E, da quelle carte, si è scoperto che l’azienda Vitrociset — nonostante i rapporti pluriennali con un articolato ventaglio di istituzioni, militari e non, del nostro Paese — è in definitiva controllata, attraverso un complesso sistema di scatole finanziarie, da una società delle Antille olandesi, che ha capitale sociale di un dollaro. A Palazzo Chigi confermano le informazioni che sono state offerte a Report. In sostanza risulta al governo che l’azienda con sede in via Tiburtina sia pronta a un cambio di proprietà. E se lo dice il governo non c’è motivo di dubitarne, anche perché la notizia era stata anticipata dal giornalista Gianni Dragoni.

Poi però la vendita dell’azienda che ufficialmente è della famiglia Crociani (eredi di quel Camillo Crociani coinvolto nella scandalo Lockheed e scappato in Messico) sembra sia rallentata e sia tutt’ora oggetto di valutazioni incrociate, da parte del governo e da parte della società. L’esecutivo guidato da Gentiloni è infatti pronto a far scattare la procedura prevista dalla legge sulla Golden power, procedura obbligata visti i contenuti dei servizi che Vitrociset fornisce allo Stato: dalla gestione del poligono militare in Sardegna ai sistemi criptati di informazioni dei nostri apparati di sicurezza. Quello che non è chiaro è se una prima comunicazione al governo sia stata già trasmessa da parte dell’azienda, in modo formale. Di sicuro la famiglia Crociani ha voglia di liquidare le attività che solo nell’ultimo decennio hanno garantito, con soldi prevalentemente pubblici, almeno 10 milioni di dividendi l’anno distribuiti fra gli azionisti. E di sicuro Palazzo Chigi ha voglia di avere voce in capitolo sulla cessione d’azienda o di un ramo della stessa.

In base alla legge sulla Golden power infatti l’esecutivo non solo può fornire prescrizioni societarie e gestionali all’acquirente, ma può anche giudicare un soggetto, soprattutto se straniero, inidoneo all’acquisto, e dunque bloccare la vendita. Il dossier viene seguito anche con questo obiettivo: avere voce in capitolo sulla vendita per non dover intervenire successivamente, visto anche l’oggetto dei contratti in essere fra Vitrociset e le amministrazioni pubbliche. Tutti i contratti stipulati dall’azienda romana con il ministero della Difesa, per fare solo un esempio, sono secretati, e derogano alla regole del codice degli appalti pubblici, per ragioni di sicurezza nazionale. La stessa cosa valeva per l’appalto pluriannuale che Vitrociset ha gestito per i sistemi radar italiani, di cui non si conoscevano nemmeno le clausole.

Ragioni di sicurezza che però ora offrono una sponda sia agli interrogativi sulla reale proprietà dell’azienda, sia sull’opportunità di accumulare tanti segreti, per quanto legittimi e necessari, con un’impresa che attraverso sistemi di trust anglosassoni è controllata da un piccola isola dei Caraibi. Una situazione in qualche modo imbarazzante, ancor di più se si aggiunge che la famiglia Crociani è divisa al suo interno, da alcuni anni, da una causa internazionale sulla titolarità dei propri beni. Insomma la Golden power sembra alle porte, e non solo perché qualcuno ha deciso di vendere. Dai Paradise papers è emerso anche che la società lussemburghese dell’imprenditore Andrea Bonomi è in realtà controllata da 3 trust dell’isola di Jersey. È invece un trust delle isole Cook a gestire una delle proprietà di Felice Rovelli, figlio ed erede di Angelo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT