Milano, 3 ottobre 2017 - 08:06

Calenda-Raggi tra due settimane:
il vertice «urgente» può attendere

Il tavolo per il rilancio produttivo della Capitale fissato per il 17 ottobre. Michele Azzola (Cgil): «È importante che le istituzioni superino le divergenze e lavorino per il bene di Roma: serve senso di responsabilità, basta liti»

Virginia Raggi con la sindaca di Torino, Chiara Appendino, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, dopo il vertice con il premier (Imagoeconomica) Virginia Raggi con la sindaca di Torino, Chiara Appendino, e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, dopo il vertice con il premier (Imagoeconomica)
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L’ultimatum scadeva ieri: fissiamo una data o salta tutto. Il tavolo «urgente» per rilanciare il tessuto produttivo della Capitale, alle fine, ci sarà: il 17 ottobre, primo giorno utile nell’agenda di Virginia Raggi. Non proprio a stretto giro, insomma. Che la sindaca abbia più di una gatta da pelare — è stata lei stessa ad ammettere di aver sacrificato la vita privata da quando è alla guida della città — lo si può immaginare. Se non fosse che, nello scambio di frecciate con il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda («Sono tre giorni che aspetto la chiamata della Raggi»), ha accusato il governo di essere scomparso dal radar: «È rimasto in silenzio per un anno, malgrado le nostre sollecitazioni, ed era assente all’incontro del 24 giugno».

Ma adesso che è ripreso il dialogo, dopo la telefonata distensiva di domenica, non riesce a trovare un buco prima di due settimane. Se al Mise la tempistica può aver suscitato qualche perplessità, dal Campidoglio lasciano intendere che è il risultato della mediazione tra i rispettivi impegni. E però, nei giorni scorsi a spingere per il summit è stato Calenda, stizzito per lo squillo senza risposta alla prima cittadina: da qui la minaccia di annullare la convocazione. Ristabilito il fair play, mentre i dettagli del vertice devono ancora essere limati, si sta facendo il punto sui contenuti: temi già inseriti nel progetto «Fabbrica Roma», sul quale il Campidoglio vuole far convergere anche gli altri interlocutori, dall’esecutivo alla Regione. Al di là delle schermaglie formali con il dicastero, non è escluso che l’attrito sia dovuto in parte anche a questo: chi si intesta cosa. Nel frattempo, il Comune si prepara al tavolo buttando giù la lista delle priorità. E, in attesa di definire il quantum, sa di non potersi limitare a battere cassa: la strategia emergerà dal confronto con le istituzioni, le imprese e i sindacati.

Dopo la fuga al Nord di alcuni grandi gruppi, dall’editoria all’industria petrolifera, l’amministrazione chiederà interventi per lo sviluppo del lavoro e delle infrastrutture: in primis, trasporti e banda larga. Se l’intesa sulla data, e la ricucitura dopo le accuse incrociate, fanno sperare che governo e Comune abbiano archiviato le polemiche, i sindacati rinnovano l’appello alla «collaborazione istituzionale e al senso di responsabilità». Tradotto: basta liti, pensiamo alla Capitale. «Noi ci muoveremo su quattro filoni, partendo dalla rinegoziazione del debito con la Cassa depositi e prestiti», anticipa Michele Azzola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio. Altro input da portare al tavolo: «Accordi di programma per sostenere le filiere più produttive: agroalimentare, farmaceutica, information technology. Devono ingrandirsi e fare un salto di qualità». Terza priorità, «il rilancio di Atac e Ama». Quarta: «Nelle periferie romane la situazione si sta facendo esplosiva. Proponiamo interventi di riqualificazione urbanistica, a cominciare dalle scuole, e spazi per l’associazionismo: ai giovani bisogna offrire qualcosa di più del muretto».

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