8 marzo 2018 - 22:34

Caos governo, da Forza Italia arrivano i primi segnali di unità nazionale

Berlusconi e l’appello della «collaborazione di tutti», anche oltre il centrodestra

di Massimo Franco

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È difficile non cogliere nelle parole pronunciate ieri da Sergio Mattarella un sottinteso di preoccupazione, se non di perplessità, per il modo in cui i partiti si muovono dopo il voto del 4 marzo. Chiedere che si metta al centro «l’interesse generale del Paese e dei suoi cittadini» è un richiamo a non giocare allo sfascio; e a non fare prevalere calcoli di partito che rischierebbero di portare all’ingovernabilità e, in tempi brevi, perfino a nuove elezioni. La richiesta a tutti di mostrare senso di responsabilità suona anche come risposta indiretta a quanti insinuano l’immagine di un Quirinale che preme per un governo tra M5S e Pd, altamente improbabile. Si tratta della prima presa di posizione del presidente della Repubblica dopo il voto. E le reazioni fotografano le contraddizioni che attraversano vincitori e vinti, più che un presunto interventismo presidenziale.

Il centrodestra sembra condividere l’appello. Il leader «della Lega e del centrodestra», Matteo Salvini, è pronto a dichiarare che Mattarella «ha ragione». E Silvio Berlusconi va oltre, quando afferma che intende fare «il possibile, con la collaborazione di tutti, per consentire all’Italia di uscire dallo stallo e si darsi un governo». Il suo riferimento alla «collaborazione di tutti» suona come la disponibilità a trattare oltre il recinto del centrodestra. Per non irritare Salvini, il capo di Forza Italia precisa che rimane fermo l’impegno a sostenere «il candidato premier indicato dal maggior partito della coalizione». Eppure, è necessario anche «produrre le condizioni di una maggioranza e di un governo» che abbiano abbastanza voti in Parlamento. Altrimenti si arriverebbe a «una paralisi che porterebbe ineludibilmente a nuove elezioni». Il messaggio è chiaro: se Salvini non ha i numeri per andare a Palazzo Chigi, non si debbono escludere a priori altre soluzioni. Berlusconi teme che la Lega sia tentata dalla prospettiva del voto anticipato, dal quale il suo partito uscirebbe ulteriormente ridimensionato. Gioca dunque d’anticipo, con una larvata apertura a un possibile governo di unità nazionale, teso a includere vincitori e vinti; e a evitare irrigidimenti e veti incrociati che impedirebbero alla legislatura anche solo di partire. Il problema è che per arrivarci occorreranno diversi passaggi, con tentazioni di strappo all’interno dello stesso centrodestra. E Berlusconi fa capire da subito che si opporrebbe a un ritorno alle urne. Il suo è un tentativo di frenare un alleato che si sente giustamente rafforzato dal voto, e potrebbe cercare di andare all’incasso al più presto. Ma è in parallelo la conferma che gli interessi di Lega e FI non coincidono del tutto.

Quanto al M5S, plaude al capo dello Stato dicendo «no al caos e all’instabilità». Non si capisce ancora, invece, chi in un Pd che deve metabolizzare la sconfitta, sia pronto a assecondare l’invito di Mattarella. La risposta del renziano Luca Lotti non scioglie il mistero. «Se vogliamo essere seri», dice, «siamo pronti come sempre ad ascoltare Mattarella. Forse, anziché parlare del Pd, che ha perso e starà all’opposizione», bisogna vedere «che vogliono fare Salvini e Di Maio». Richiesta legittima. Ma ieri anche Mario Draghi, presidente della Bce, ha ammonito: «Una instabilità protratta nel tempo potrebbe minacciare la fiducia» dei mercati finanziari. Per questo, alla lunga il Pd potrebbe convincersi a cambiare schema.

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