Tensione tra Libano e Israele

Non passa giorno senza che Israele non minacci di guerra il Libano e i libanesi. Dal portavoce militare, al premier, Netanyahu, dal ministro della Pubblica Istruzione, Naftali Bennet, a quello della Difesa, Lieberman, quello di cercare di spaventare la vicina Repubblica sembra diventato un passatempo politico nazionale. Le ragioni? Quelle più ostentate si riferiscono ai piani strategici dell'Iran che, secondo Israele, starebbe creando un “network” di fabbriche militari per dotare la milizia del Partito di Dio, Hezbollah, nemico giurato dello Stato ebraico, di missili di precisione in grado di alterare a favore dei miliziani sciiti l'equilibrio militare che si era creato dopo la guerra dell'estate 2006, conclusasi senza vincitori né vinti e per questo definita da alcun osservatori israeliani non senza una punta di amara ironia ,“la prima guerra della storia che Israele non ha vinto”.
A questa raffica di accuse, il partito di Dio ha risposto con un risonante silenzio. Ma ieri,Lieberman ha gettato altra benzina sul fuoco, accusando il Libano di aver compiuto un atto “molto provocatorio”, affidando ad un consorzio di aziende energetiche di cui fa parte anche l'Eni il compito di effettuare delle trivellazioni esplorative in un vasto giacimento di gas che Israele ritiene in pa<rte ricadente nelle proprie acque territoriali. Accusa che il primo ministro libanese, Saad Hariri ha rispedito al mittente qualificando le parole di Lieberman come una “minaccia” contro il suo paese.
Come sempre, quando una crisi internazionale comincia a prendere corpo, è difficile stabilirne le vere ragioni ed è non meno complicato prevedere quale ne sarà l'esito. L'esperienza del passato ci dice che in Medio Oriente le guerre di parole rara,mente si traducono in guerre guerreggiate. E questa è l'ipotesi che preferiamo. Ma è anche vero che le schermaglie verbali contribuiscono ad innalzare il livello della tensione e a quel punto basta un piccolo incidente per scatenare l'incendio.
Per il momento mi limito ad osservare che dopo la fallimentare cattura di Hariri da parte dell'Arabia Saudita, con le conseguente dimissioni del premier libanese rassegnate a Ryad e ritirate una volta tornato a Beirut, operazione motivata dalla presunta inettitudine di Hariri verso Hezbollah, il testimone della campagna contro l'espansionismo iraniano e le manovre congiunte Teheran-Hezbollah per soggiogare totalmente il Libano, è passato dalle mani del principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, a quelle dei ministri israeliani.
Con una differenza. Se il vertice politico-militare israeliano ritiene che le responsabilità dello stato e dell'esercito libanese siano indistinguibili da quelle di Hezbollah, e, dunque, un'eventuale azione punitiva deve essere rivolta contro l'intera repubblica libanese (“riporteremo il LIbano al Medio Evo”, è uno dei refrain), il Pentagono ha ieri fatto sapere di continuare a riporre piena fiducia nelle Forze Armate libanesi che considera un argine efficace contro la crescita militare di Hezbollah.

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