La legge del più forte

BEIRUT – E' incredibile come di fronte alle molte ragioni che propendevano per confermare la validità dell'accordo sul nucleare, prima fra tutte quella generalmente condivisa dagli esperti e dai servizi di sicurezza di mezzo mondo secondo cui l'accordo aveva funzionato ed era riuscito a tenere lontano l'Iran dall'arma atomica, Trump non abbia citato argomenti a contrario, che non fossero la “prova definitiva”, per dirla con Netanyahu, che Teheran avrebbe inizialmente mentito sugli scopi reali del suo programma nucleare, ed abbia invece preferito fare ricorso ad un crescendo di aggettivi, “difettoso”, “pieno di falle”, “disastroso”, “orribile”, tendenti a demonizzare il trattato dopo aver demonizzato il regime iraniano.
Mai a Trump è sfiorata l'idea che facendo carta straccia dell'accordo avrebbe fatto scempio della firma apposta in calce all'intesa dal suo predecessore, Barak Obama, per quanto odiato da Trump pur sempre un presidente americano, e inflitto un colpo al principio di civiltà giuridica e di diritto internazionale che i romani riassumevano nel detto “pacta sunt servanda”.
Nel pronunciare i suoi anatemi contro l'Accordo sul nucleare, sin dalla campagna elettorale, Trump ha raccolto e materializzato in un obbiettivo politico preciso la diffidenza e lo spirito di rivalsa che i neo conservatori americani non hanno mai cessato di nutrire nei confronti del regime degli Ayatollah dai tempi dell'assalto all'ambasciata americana nel novembre del 79.
Ma il Joint Comprenhensive Plan of Action, secondo la dizione in inglese dell'accordo, non era destinato a sanare le ferite e le incomprensioni del passato, ma a dimostrare che un nuovo inizio era possibile nelle relazioni politiche e diplomatiche tra Stati Uniti ed Iran, assumendo il dialogo come strumento privilegiato per evitare i contrasti più pericolosi.
A questo serve la diplomazia, a formulare soluzioni imperfette tra nemici che altrimenti si farebbero la guerra. Certo, l'accordo non prendeva in considerazione né il piano missilistico di Teheran, né le interferenze nella regione (Iraq, Yemen, Libano), che gli avversari attribuiscono alla potenza iraniana, per il semplice motivo che queste erano questioni sopravvenute e sulle quali, comunque, sarebbe stato più facile aprire la discussione in un clima di reciproca fiducia instaurato dal reciproco rispetto degli impegni sanciti nell'accordo.
In realtà, dicono alcuni esegeti della filosofia politica trumpiana, scegliendo deliberatamente di mettere in atto la legge del più forte, Trump ha voluto spingere i rapporti con l'Iran sulla strada dello scontro, sperando che anche con Teheran possa funzionare la tattica messa in atto con la Corea del Nord, contro cui ha lanciato un mix di minacce e di insulti, prima di vedere il leader nordcoreano Kim Jong-un aprirsi al dialogo.
Non funziona così. Gli obbiettivi che gli strateghi di Trump si propongono di raggiungere sono troppo ambiziosi per poter essere raggiunti con delle semplici minacce. E l'Iran è un paese di 80 milioni di abitanti che la storia ha costretto a sopravvivere bordeggiando in un mare pieno di insidie e di conflitti.
Così' come non funziona affidare alle sanzioni il compito di indurre un cambiamento di regime, il vero obbiettivo che Trump si ripromette di raggiungere, o addirittura, provocare la capitolazione de regime stesso. A parte l'ambiguità e l'ipocrisia di minacciare di applicare le “sanzioni più forti” mentre ci si straccia le vesti davanti "alle sofferenze inflitte dal regime agli iraniani", sorvolando bellamente sulle sofferenze che inevitabilmente provocheremo noi con le nuove sanzioni e i nuovi embarghi, la storia ci dice che né in Iraq negli anni '90, né in Siria dopo il 2011, né in Iran prima del 2015, le sanzioni hanno avuto l'effetto sperato. Al contrario, hanno rinsaldato il popolo attorno al regime.
Di certo, l'ascesa di John Bolton, alla poltrona di Consigliere per la sicurezza Nazionale ci dice che lo scontro militare, fra tutte gli sbocchi possibili della crisi con l'Iran, è una prospettiva sempre più concreta. Così' come Netanyahu in tutto l'arco della sua infaticabile opposizione all'accordo, anche Bolton si è detto chiaramente favorevole a condurre un attacco preventivo contro l'Iran, nel tentativo, come si dice, di ricondurre il regime a più miti consigli.
Sul fronte israeliano quella della guerra non è più un'ipotesi di scuola, dopo che è bastato alle vedette israeliane di notare “movimenti insoliti” di soldati in territorio siriano per dichiarare lo Stato d'Allerta e lanciare quattro missili contro una “base militare siriana che ospita anche forze iraniane”, come recita l'ambigua definizione che rivela come Israele, in realtà ,non distingua più fra i suoi nemici. Come si è visto nella notte tra mercoledì 9 e giovedì 10, allorquando l'aviazione israeliana ha risposto con un massiccio attacco aereo contro decine di obbiettivi siriani e iraniani al lancio dal territorio siriano, successivamente confermato anche da altre fonti, di venti missili iraniani contro le basi militari israeliane in quella parte del Golan occupato da Israele. Missili Che, secondo la Difesa israeliana, o hanno mancato l'obbiettivo o sono stati intercettati e distrutti, senza provocare alcun danno. Secondo il ministero della Difesa russo l'aviazione israeliana ha impiegato nell'operazione 20 aerei F15 ed F16 che hanno lanciato 70 missili, metà dei quali sarebbero, stati intercettati. Per quanto riguarda i danni inflitti, il ministro della Difesa israeliano, Lieberman ha detto che quasi tutte le infrastrutture militari iraniane in Siria sarebbero state distrutte. Poco si sa sulle eventuali perdite umane, ma secondo l'Osservatorio siriano per i Diritti Umani il bombardamento avrebbe provocato molte vittime.

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3 commenti

  • dopo lo scempio procurato in IRAQ da Bush jr., dopo che il padre aveva appositamente "salvato" Saddam per evitare guai peggiori, e le evidenti scempiaggini che Israele e Trump stanno portando avanti per rendere sempre più instabile quella parte di Mondo, NON è venuto in mente a nessuno che tutta questa manovra non sia un vero e proprio pretesto solo per arrivare a fare il maggior casino possibile, e in questo modo aumentare i "venti di guerra" che sono tanto cari ai militari americani e soprattutto alle lobby delle armi?
    GA

  • davide paserman 10 maggio 2018 alle 10:33

    L'articolo di Stabile e' pieno di inesattezze,per adoperare un linguaggio moderato.Per es.dice "presunti missili iraniani contro israele" come per mettere in dubbio che i 20 missili iraniani siano stati sparati.E potrei andare avanti con altri esempi.Si presume che un giornalista serio racconti i fatti obbiettivamente.

  • gentile Davide, per la mia serietà professionale parlano oltre 40 anni di mestiere, una buona metà dei quali trascorsi in Medio Oriente. Quando ho aggiornato il mio blog la notizia dell'attacco iraniano era ancora soggetta a versioni contrastanti che successivamente sono cadute.