Ramadan a Gaza

Trovo francamente incomprensibile l’aver associato, come hanno fatto molti media, l’inizio del digiuno islamico del Ramadan alla serie di scadenze politiche, come l’inaugurazione dell’ambasciata americana a Gerusalemme, o il settantesimo anniversario dello Stato ebraico e/o della Nakba, che si prevedeva potessero diventare, come è poi successo, flashpoint della protesta dei palestinesi e della feroce repressione israeliana. Tra lunedì e martedì al confine tra Gaza e Israele sono state uccise 62 persone e oltre 1700 sono state ferite. Ora, che c’entra con tutto questo il mese che chiude il vecchio anno islamico ed apre il novo e che segna l’ascesa in Paradiso di Maometto per ricevere il Corano dalle mani di Allah, come vuole la tradizione? Che c'entra con l’occupazione israeliana o le sofferenze dei palestinesi, l’intransigenza di Netanyahu, la faziosità di Trump, l’insipienza di Abu Mazen e il tatticismo di Hamas? Un bel niente. Tranne la coincidenza che da domani è Ramadan anche a Gaza, Ramallah e a Gerusalemme Est,così come al Cairo,a Ryad e a Bagdad.
Mi è capitato di trascorrere per motivi di lavoro più d’un Ramadan in città e capitali arabe, a stragrande maggioranza musulmana, così come a Gaza. Ovunque ho trovato tolleranza e gioia nella maggior parte della popolazione assieme alla piacevole sorpresa di essere, un anno dopo, ancora di questo mondo. Il parziale digiuno non viene vissuto come espiazione, ma come un tollerabile sacrificio che può persino far bene alla salute e da cui basta pochissimo per essere esentati. E’ comunque un sacrificio che prepara la gioia, la festa, il ritorno alla normalità.
L’ Iftar, il pranzo che a sera interrompe il digiuno, è l’occasione che le famiglie aspettano per ritrovarsi, per farsi visita se sono frammentate e lontane, per ricevere gli ospiti anche stranieri con cui rallegrarsi assaggiando piatti e dolci che si cucinano solo per l’occasione. Il Ramadan è festa di famiglie e, dunque, di bambini che per l’id el Fitr, alla fine del mese, riceveranno in regalo i vestitini nuovi e i giocattoli che hanno sognato tutto l’anno. Infine, nei miei ricordi resteranno sempre le tavolate per centinaia di persone che i ricchi fanno apparecchiare per i poveri sui marciapiedi del Cairo in una gara di solidarietà che, ovunque, nelle diverse capitali, trova la sua espressione. E allora, perché il Ramadan dovrebbe provocare un ulteriore innalzamento della tensione che da 70 anni domina il conflitto tra israeliani e palestinesi? Non c’è un fondato motivo, a meno che non si voglia alludere ai folli proclami inneggianti al sacrificio durante il mese santo emessi in passato dai fanatici dell’Isis e di Al Qaeda che tuttavia rappresentano la distorta visione di una minoranza. Oppure, questo voler mettere in guardia sull’imminenza del Ramadan non è altro che un cedimento alla retorica “orientalista” di cui parlava Edward Said, per nascondere dietro un velo d’ignoranza la nostra avversione, i nostri pregiudizi verso il mondo arabo e islamico. Forse costa troppo ammettere che I palestinesi di Gaza, intrappolati nella loro gabbia di condannati al carcere a vita senza processo, come ha scritto la giornalista israeliana Amira Hass, costretti ad andare su e giù lungo i 40 chilometri della Striscia senza la minima speranza di poter evadere, piegati dalla penuria e dall’indigenza, proprio quando sarebbe concesso spendere un po’, afflitti da nuovi lutti e nuove menomazioni, non hanno motivo di gioire per la festa che arriva, mentre la loro rabbia repressa può esplodere ancora.

Condividi:
  • Facebook
  • Twitter
  • Google Bookmarks
  • FriendFeed
  • LinkedIn
 

Un commento

  • I palestinesi di Gaza sono condannati a stare nei 40 km solo perché in 70 anni hanno continuato a voler distruggere Israele e sterminare i suoi abitanti; odiano persino il loro legittimo Presidente che, quando ha osato mettere piede a Gaza, si è trovata una bimba sotto l'auto. La Marcia per il Ritorno incita a cacciare a mare gli ebrei fino all'ultimo bimbo. Pensate se i messicani facessero attentati per avere indietro il sud ovest degli USA o l'India volesse annettersi di nuovo il Pakistan o il Giappone marciasse sulle Kurili o la Germania su Alsazia e Lorena o l'Austria sul Trentino...
    Aspettiamo sempre che gli arabi restituiscano il Nord Africa ai Berberi!