Le donne irachene vittime da Baghdad a Bassora

BEIRUT – Tara Fares aveva solo 22 anni ed era assetata di libertà. Giovedi 27 settembre, l'anno uccisa con tre colpi di pistola mentre tornava a casa, in un quartiere, Camp Sarah, considerato tra i più “sicuri” di Bagdad. Suad Lajlaj al Ali, di anni 46, era, invece, un attivista per i diritti umani che aveva collaborato ad organizzare le proteste esplose a Bassora nell'ultimo mese contro il governo e le potenti milizie irachene, colpevoli di lasciare letteralmente marcire quella che un tempo veniva celebrata come la Venezia del Golfo e la capitale economica dell'Iraq. Suad è stata assassinata, martedì 25, con un colpo di pistola alla testada un killer solitario di cui, a quanto pare, si conosce il nome.
La prima domanda da farsi è: quale filo rosso collega questi due delitti? Sebbene le vittime siano personalità diverse per età e retroterra, avevano in comune più cose di quante non si creda. Per cominciare, erano entrambe, ciascuna nel suo ambito, espressione della modernità, o forse soltanto della normalità civile e democratica cui aspirano molti iracheni. E qui dobbiamo ammettere che, nonostante il prezzo elevatissimo pagato dalla popolazione irachena per poter uscire dal tunnel della dittatura di Saddam Hussein, attraverso il noto, drammatico percorso di sanzioni, occupazione americana, guerra civile, smembramento del paese, temporaneo trionfo dell'Isis, con centinaia di migliaia di morti ed enormi distruzioni, nonostante questa immane tragedia, questa benedetta normalità civile e democratica appare di la da venire.
Ma Tara e Suad, evidentemente ci credevano. Anche a causa della sua giovanissima età, Tara era forse la più disarmata. Nel nuovo clima instauratosi dopo la fine della dittatura e la sconfitta delle armate del Califfato, portatrici di un'ideologia bigotta e di una ancora più arcaica interpretazione della legge religiosa, Tara aveva colto il lato più effimero della svolta. Era stata una reginetta di bellezza, Miss Baghdad, con una presenza nel mondo della moda, per quello che la moda irachena, impoverita dalla guerra e oppressa dal conformismo religioso poteva offrire.
“Era molto bella e dolce e voleva essere felice e vivere la sua vita come la vive il resto del mondo: senza controlli e senza odio. Ma qui in Iraq le libertà degli altri non vengono accettate”, è' stata la tenera elegia di Omar Moner, l'amico e il fotografo con cui Tara aveva condiviso molte delle sue illusioni.
E come tante ragazze della sua generazione, ai quattro angoli del mondo, Tara aveva deciso che quelle illusioni non se le sarebbe tenute per se ma ne avrebbe fatto oggetto di un suo racconto per immagini e parole da consegnare alla grande agorà della rete. Era piaciuto quel suo modo apparentemente disinibito di esporsi, lasciando che le braccia coperte di tatuaggi e il forte make-up gridassero il bisogno insopprimibile di potersi liberamente esprimere e vivere quella libertà, che finalmente veniva data alla società irachena, con coraggio, senza lasciarsi sopraffare dal timore delle convenzioni, o dall'obbligo della rinuncia. E così Tara aveva raggiunto la cifra ragguardevole di 2,7 milioni di seguaci su Instagram.
E forse questo, ai suoi carnefici, è sembrato troppo. Già qualche anno fa, le minacce, gli inviti perentori a rientrare nel cliché della donna velata, madre e sposa felice, l'avevano costretta a lasciare Bagdad per rifugiarsi ad Erbil, la capitale della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno. Un percorso che molti iracheni, non soltanto di etnia curda ma di fede cristiana, hanno fatto per pararsi dagli attacchi sanguinosi dei jihadisti che, a Baghdad, preparavano il terreno al Califfato.
Tara, essendo di origini curde, a Erbil si sarà sentita protetta, ma anche infelice. E dunque è tornata a Baghdad. Ma non gliel'hanno perdonata. Dopo i colpi di pistola, qualcuno sulla rete ha osato lanciarle contro l'acido muriatico di un oltraggio: “Puttana”.
Quello di Tara non è un caso isolato. Il forum delle giornaliste irachene ha denunciato almeno altri due casi di “donne conosciute, colpite alla luce del sole”. Una campagna di intimidazione. Che nel caso di Suad al Ali chiama direttamente in causa la classe dirigente irachena, incapace di rompere il circolo vizioso corruzione-inefficienza-clientelismo che sta portando l'Iraq in una situazione di forte tensione sociale.
E' quello che sta succedendo a Bassora, la seconda più grande città del paese, sulle rive dello Shat el Arab, dove il Tigri si unisce all'Eufrate in una sorta di paradiso delle acque, e dal cui porto iniziò il suo viaggio fantastico Sinbad il Marinaio. Qui tutto è, o meglio, dovrebbe essere mito, poesia. Invece a Bassora l'aria è ammorbata dai rifiuti, i canali su cui scorrevano le acque convogliate dal grande fiume sono fogne a cielo aperto. La desertificazione ha reso i pozzi e le sorgenti inutilizzabili. Nulla può alleviare il morso della calura perché l'Iran (il partner principale dell'Iraq per tutto quello che non è greggio) ha tagliato l'energia elettrica accampando una crescita improvvisa del suo fabbisogno interno. Non c'è lavoro per decine di migliaia. Non c'è speranza. E dire che nella provincia di Bassora si trova il maggior bacino di idrocarburi del paese, la cui estrazione (pari a 4 milioni di barili al giorno) ha consegnato alle case del governo centrale, ben 7,7 miliardi di dollari nel solo mese di Agosto.
E tuttavia corruzione e inefficienza imperano a Baghdad e, come un fiume in piena, questo sì, tracimano anche al sud nella disperata Bassora. Dove la gente ha deciso di alzare la testa e farsi sentire. Settembre è stato il mese delle manifestazioni, anche violente, dirette contro il governo e le milizie sciite filo iraniane che, irrobustite dalla vittoria contro il Califfato sancita dalla riconquista di Mosul, vogliono avere una parola decisiva sul governo che si farà dopo le elezioni del 12 maggio.
Ma lo stallo tra i due raggruppamenti sciiti usciti vincitori, il partito Sairoon che fa capo al chierico Moqtada al Sadr e la più importante delle milizie (Ashd al Shaabi) guidata dal comandante Hadi al Hameri, protetto da Teheran, ha impedito finora di trovare un accordo. Così la folla di Bassora, esasperata, s'è scagliata a turno contro gli edifici simbolo delle principali forze politico-militari, attaccando gli uffici governativi, il consolato iraniano, e costringendo quello americano a chiudere i battenti. I morti sul terreno sono almeno 15.
Anche Suad ha partecipato alla protesta, levando la bandiera della difesa dei diritti umani, a cominciare del diritto ad una vita dignitosa, e usando l'arma dei social media. Attivissima su twitter e facebook, ha ricevuto in cambio una dose massiccia di minacce e una condanna a morte. Oggi la sua organizzazione, Gulf Campaign for Human Right, chiede al governo di Baghdad un'inchiesta che faccia luce sul delitto. Mentre la rappresentanza delle Nazioni Unite denuncia l'uso della forza da parte degli agenti della sicurezza governativa contro i manifestanti.
Le parti in causa si scambiano fendenti. Gli americani accusano gli iraniani di aver ordito la sommossa per far ricadere la responsabilità degli incidenti sul governo uscente di Haider al Abadi, una personalità sciita moderata gradita a Washington. Gli iraniani, sotto pressione da parte di Stati Uniti e Israele in tutto il Medio Oriente, dicono che a provocare i disordini sono degli infiltrati al soldo degli americani. Mentre Bassora muore.

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2 commenti

  • Una scrittrice egiziana diceva la settimana scorsa: 50 anni fa giravamo in minigonna e, se qualcuno ci molestava, un poliziotto ci difendeva subito.
    Fra wahabiti e ayatollah sono riusciti a riportare paesi in forte sviluppo civile verso il più cupo Medio Evo.

  • Reso il doveroso ossequio alle due martiri, ripeto come un pappagallo quello che vale anche per chi vive in zone mafiose o semplicemente in ambiti famigliari degenerati: se decidi di sfidare gente violenta, blindati e preparati a rispondere colpo su colpo. Anche i più fanatici sanfedisti e i più incalliti killer si parano il c. quando sanno che le loro prodi missioni potrebbero anche lasciargli qualche segno profondo.