10 marzo 2018 - 11:42

Torino e la legge del 3% che ha liquefatto la sinistra

Sinistra Arcobaleno nel 2008 (3,08%), Rivoluzione Civile (2,25%), Liberi e Uguali (3,38%). Quel mondo è ridotto a frammento, attento solo a riprodurre i propri micro-apparati che a pensare progetti politici. Anche in una realtà come la città della Mole

di Cristopher Cepernich

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Lo scenario post-voto è il fermo-immagine di una società in radicale trasformazione. Non da ieri. Insistere nella ricerca di cause e spiegazioni guardando al «qui e ora» delle tattiche politiche e delle strategie di campagna è inutile. Spiegazioni convincenti su come si arrivi ad un quadro politico nel quale il M5S e la Lega si contendono la guida del Paese non si troveranno nella congiuntura rutilante della cronaca politica, ma piuttosto negli assetti traballanti tra politica e società, governanti e governati. Questioni teoriche? Niente affatto. Governare stanca, non soltanto il Pd di Renzi e Gentiloni. Gratifica molti, al momento dell’abbattimento dell’idolo, azzannare uno tra i leader meno empatici che il Pd ricordi, ma la bocciatura alle elezioni è stata il castigo che tutti i governi della Seconda Repubblica hanno dovuto subire. Di qualsiasi colore. Anche Hollande e Merkel hanno pagato il logorio dell’azione di governo. A Torino, il Movimento 5 Stelle ha lasciato domenica sul campo quasi 4 mila voti rispetto al primo turno delle ultime amministrative. Addirittura quasi 17 mila rispetto alle Politiche 2013, che è la comparazione più corretta da fare. Questo nonostante il vento a favore del Movimento a livello nazionale. E che vento. Tutti, ovunque, pagano la responsabilità di governo. Un altro esempio? La fine del voto ideologico, che viene da lontano. Mirafiori volta le spalle alla cultura operaia nel 1994, quando sceglie Forza Italia.

Nella città di sinistra, perché Torino era — nel senso che vale la pena domandarsi quanto lo sia ancora — una città di sinistra, il principale partito «rosso» dimezza il consenso in poco più di un ventennio. Attenzione alle trappole della lingua: non è il voto ad essere post-ideologico, sono i cittadini che lo diventano. Non solo quando scelgono di votare o di impegnarsi con il partito di Grillo, che costruisce la sua identità sul rifiuto delle culture politiche tradizionali, ma anche quando, come stavolta, sceglie la destra. Salvini rappresenta la post-ideologizzazione di una destra adattiva al nuovo contesto sociale. Questa è la rivelazione di domenica scorsa. Non siamo alle prese con la destra liberale e aziendale di Berlusconi, non quella che ammicca al fascismo, cultura forte al tempo delle culture deboli. Siamo al cospetto di una destra che non riconosce le ideologie, che gioca bene con le narrazioni della vita reale. Quella Lega che oggi raccoglie più di 77 mila voti e supera Forza Italia, che conquista anche se di pochissimo i collegi uninominali alla Camera della periferia nord, chi l’aveva mai vista a Torino?

Lo strepito «antisistema» si esaurisce, ma non prima di aver prodotto i suoi effetti. Le Regionali sono lì, perfetto banco di prova. Un ultimo esempio? La fine della sinistra. Quella della rappresentanza senza rappresentati. Il paradosso dell’offerta politica senza domanda che si ripete ad ogni elezione come la liquefazione del sangue del santo. Dalle due cifre percentuali attese nei sondaggi al precipizio della inesorabile Legge del Tre: Sinistra Arcobaleno nel 2008 (3,08%), Rivoluzione Civile nel 2013 (2,25%), Liberi e Uguali (3,38%). Quel mondo si riduce a frammento e sembra più attento alla riproduzione dei propri micro-apparati che a dotare di senso il progetto politico. Quale identità possa ri-significare la sinistra oggi è tema delle democrazie occidentali, non certo delle elezioni nazionali. Tantomeno, come ha dimostrato l’esperienza di Torino in Comune alle amministrative, che non si è sottratta alla Legge del Tre, di quelle locali. Siamo chiamati a fare i conti con mutamenti della nostra società e queste elezioni sono qui a ricordarlo. Come scriveva Roberto Tricarico da queste stesse colonne, in tal senso, Torino è l’Italia.

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