Torino

Torino: accusato di evasione, a 92 anni industriale ottiene la restituzione di 121 milioni

La rivincita del geometra Perona nei confronti del fisco: "La grande ricchezza non può essere scambiata per pericolosità sociale"
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La Corte di Appello di Torino ha ribaltato la sentenza con cui nel 2016 la sezione Misure di prevenzione del tribunale aveva confiscato il patrimonio a uno degli uomini più ricchi di Torino, il geometra Giovanni Perona, classe 1925. E gli ha restituito 121 milioni di euro in un’unica soluzione. I giudici allora lo ritennero responsabile di una evasione monstre partendo dalla ricostruzione del suo patrimonio, «spropositato» rispetto a quanto denunciava al fisco. Oggi i giudici d’appello danno ragione ai suoi avvocati, Cesare Zaccone e Mario Garavoglia, e con tante scuse riconoscono che quella sfacciata ricchezza non può essere scambiata per "pericolosità sociale".

C’era da aspettarselo che Perona non avrebbe trascorso la sua vecchiaia in povertà. Basta ripercorrere la sua vita avventurosa, ed economicamente baciata dalla fortuna, per intuire che non si sarebbe rovinato neppure gli ultimi anni per colpa del tribunale. Una specie di Re Mida della provincia — è nato a Balangero — e oggi ha 92 anni. La sua attività è iniziata nel 1943, al fianco del padre, con un’azienda di trasporti al servizio della Venchi Unica. Dopo la guerra è entrato nel mondo dell’edilizia residenziale. La sua fortuna l’ha costruita usando tutti i mezzi possibili, a quanto pare leciti, per aggirare il fisco. A partire dall’Amiantifera di Balangero, una delle più grandi miniere d’Europa. Nella società del gruppo Iri-Finsider, che operava nel settore siderurgico, trovò la sua grande opportunità. Lì imparò tutti i segreti degli scavi, dopodiché volò a Goa, in India, a estrarre e trasportare il ferro dalle miniere della Fiat.

Con i guadagni di quegli anni fondò una società edilizia, mineraria e di costruzione di strade, la Siet. "I profitti furono giganteschi", scrivevano i giudici di primo grado. Lì Perona avviò "un'imponente ed encomiabile opera di civilizzazione, costruendo case, strade e collegamenti nella giungla indiana". E contemporaneamente cominciò a schermare i suoi guadagni, portando tutto il denaro, con l’aiuto del Vaticano, in Svizzera, dove è rimasto fino a quando non è comparsa l’occasione dello scudo fiscale che Perona ha utilizzato per portare in Italia oltre 60 milioni di euro.

Incrociando i dati, la Guardia di finanza aveva accertato che quel patrimonio era sproporzionato rispetto a quel che Perona denunciava al fisco, e aveva fatto in modo che i giudici gli confiscassero i 121 milioni. Ma il presupposto di una simile sentenza ruotava intorno alla presunta "pericolosità sociale" del geometra, che tutta la vita aveva "operato privando e depauperando le società che trattava come fossero cosa propria". Adesso la Corte d’Appello smonta la decisione e l’"inclinazione a delinquere" dell’ultranovantenne. E gli restituisce il tesoretto.