Torino

Pioggia di insulti sul web a monsignor Bettazzi: aveva chiesto a Conte di aprire i porti

Monsignor Luigi Bettazzi 
Assalto, su Facebook, alla lettera scritta al premier dall'ex vescovo di Ivrea e presidente di Pax Christi: "Prenditeli a casa tua". Ma il religioso specifica: "Scrivo da un edificio diocesano che ospita i migranti"
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Il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi scrive al presidente del consiglio Conte per chiedere di aprire i porti e viene coperto d'insulti sul web. Parole di fede, misericordia e umanità contro improperi beceri e razzisti. “Siamo tanti non volerci sentire responsabili di navi bloccate e di porti chiusi, mentre ci sentiamo corresponsabili di Governi che, dopo avere sfruttato quei Paesi e continuando a vendere loro armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle povertà – scrive Bettazzi - Non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta di genocidio, di cui diventiamo tutti in qualche modo responsabili”.

La lettera aperta del presidente di Pax Christi, da sempre schierato dalla parte degli ultimi con un impegno quotidiano, è stata pubblicata per la prima volta sulla rivista Mosaico di Pace, ma quando la Sentinella del Canavese l'ha ripresa e diffusa via Facebook è partito il solito assalto. “Perché non li ospiti nelle tue residenze private?” domanda un utente tra i più educati, mentre un altro invita il monsignore a sfamare “prima i poveri italiani”. A questi argomenti però Bettazzi risponde già nella sua lettera: “Al di là di un'incomprensibile indifferenza o di un discutibile privilegio ('prima gli italianì - quali italiani? - o 'prima l'umanità'?!) - si legge - credo che, nell'interesse della pace, aspirazione di ogni persona e di ogni popolo, l'Italia possa e debba essere - per sé e per tutta l'Europa - pioniera di accoglienza, controllata sì, ma generosa”.

Alcuni dei post di insulti a Bettazzi dopo la pubblicazione della sua lettera a Conte su "La Sentinella del Canavese" 

Il peggio però arriva con insulti personali e accuse del tutto inventate nei suoi confronti, dalla pedofilia alle ruberie. Nella missiva di Bettazzi invece si cercava di approfondire “il tema scottante degli immigrati”: “Non ignoriamo che i problemi sono immensi, dai rapporti con Paesi che noi - Europa tutta - abbiamo contribuito a divenire ciò che essi spesso sono (costruttori di lager e tutori di brigantaggi), a quelli con i Paesi di partenza degli immigrati (con cui già i Governi precedenti avevano progettato iniziative, sempre fermate al livello di progetti). Vorremmo davvero che l'Italia, consapevole della sua tradizione di umanità (prima romana, poi cristiana) non accettasse di divenire corresponsabile di una tragedia, che la storia ha affidato al nostro tempo e da cui non possiamo evadere".

Ironia della sorte, le richieste di ospitarli a casa propria che arrivano da Facebook hanno già una risposta implicita nella lettera: “Scrivo da un edificio diocesano che ne ospita – spiega infatti Bettazzi - lo faccio non come antica autorità religiosa al Presidente di un governo 'laico' (anche se un autorevole membro del Suo Governo ha sbandierato, sia pure in campagna elettorale, simboli apertamente religiosi, anzi cristiani, quindi compromettenti) soprattutto dopo i costanti, appassionati appelli di Papa Francesco e le autorevoli istanze dei responsabili della Cei. Lo faccio come cittadino dell'Italia - aggiunge - che, nella Costituzione, garantisce il diritto d'asilo a quanti, nel loro paese, sono impediti di esercitare le libertà democratiche; lo faccio come cittadino dell'Europa, che, nella Carta dei diritti fondamentali, afferma: 'La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.

La gogna che è subito partita sul web non è passata inosservata. Andrea Benedino, ex assessore alla Cultura della Città di Ivrea, reagisce postando le foto dei commentatori: “Per dire che società stiamo diventando – scrive in un post su Facebook - Sarà pure che sui social si sfogano i leoni da tastiera, ma mi viene da piangere e sinceramente ho finito le parole”.

Il vescovo emerito di Ivrea però non si limita a richieste umanitarie e riconosce a Conte un tentativo di cambiare le cose: “Lei, al recente vertice Ue, ha fatto sentire fortemente la voce dell'Italia; ma siamo stati delusi dalla sordità della maggioranza dei rappresentanti dell'Europa (me lo lasci notare, anche delle nazioni tradizionalmente più 'cristiane') e dell'incapacità dell'insieme di mantenere le tradizioni 'umanè del nostro Continente e dell'ispirazione iniziale della sua unità. Mi lasci dire che siamo - parlo di tanti di cui ho colto il pensiero - altrettanto delusi che, nella difficoltà di ottenere consensi più ampi, l'Italia rimanga su posizioni di chiusura, forse (ma solo forse se guardiamo al nostro passato coloniale o ci proiettiamo sul nostro futuro demografico) comprensibili sul piano della contrattazione, non su quello del riferimento a vite umane. Al di là di un'incomprensibile indifferenza o di un discutibile”.