Torino

Torino, dopo le proteste e cento giorni "extra" in cella spunta il braccialetto elettronico: ai domiciliari il giovane antagonista

La conferenza stampa davanti al carcere delle Vallette con cui lunedì la madre del giovane antagonista ha annunciato lo sciopero della fame 
Il dispositivo non era disponbile, impossibile la scarcerazione. Nicolò Mirandola è accusato di "concorso morale" nei disordini contro Casapound. La madre aveva iniziato lo sciopero della fame
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E' uscito oggi dal carcere dopo oltre tre mesi di reclusione Nicolò Mirandola, il manifestante di Askatasuna finito nei guai dopo gli scontri del 22 febbraio scoppiati durante il corteo di protesta contro un comizio di Casapound. Mirandola è accusato di concorso morale in resistenza e lesioni. Il gip aveva concesso i domiciliari a Nicolò subordinandoli però al braccialetto elettronico. Ancora questa mattina  gip ha confermato che "la misura del braccialetto per l'alleggerimento della misura cautelare è indispensabile". Ma il dispositivo finora non è stato disponibile: Telecom li aveva esauriti: quindi, con buona pace delle decisioni della magistratura, il giovane è rimasto in carcere. Una vicenda dell'assurdo che ha spinto anche il fumettista Zerocalcare a denunciare la situazione con una serie di tavole.


La mancanza del braccialetto ha fatto sì che Nicolò sia restato in cella per oltre 100 giorni nei quali avrebbe dovuto invece trovarsi ai domiciliari. Lunedì la madre del ragazzo, Luisella, ha iniziato lo sciopero della fame davanti al carcere torinese delle Vallette. Ieri, invece, sono stati gli avvocati di Giuristi democratici a lanciare un indignato appello. Poche ore dopo, ecco il "miracolo": è arrivato l'annuncio che il braccialetto elettronico era finalmente disponibile. I tecnici della Telecom hanno fatto un sopralluogo a casa del ragazzo per verificare la compatibilità del dispositivo e da questa  mattina Nicolò, difeso dall'avvocato  Roberto Lamacchia, è ai domiciliari.

"Ringraziamo le migliaia di persone che hanno manifestato la loro solidarietà, condividendo le parole di Nicolò, parlando della sua storia agli amici e ai colleghi di lavoro, inviando foto di sostegno per la campagna #NicoLibero - scrive Askatasuna in un post su Facebook - Per noi questa campagna serviva anche a portare l'attenzione su una situazione vergognosa, quella di tutti i detenuti in attesa di misure alternative le cui condizioni peggiorano ulteriormente con l'introduzione del dispositivo del braccialetto elettronico, che in più, molto spesso, nella pratica non c'è e porta a un ingiusto prolungamento del periodo di detenzione".

La notizia è stata commentata anche dallaa capogruppo del m5S in Regione  Francesca Frediani: "Abbiamo da subito sostenuto la protesta della mamma Luisella davanti al carcere delle Vallette di Torino che aveva iniziato uno sciopero della fame per richiamare l'attenzione su questa vera e propria ingiustizia. Auspichiamo che la posizione di Nicolò, incensurato e non accusato di atti violenti, venga presto chiarita e che in futuro nessuna persona debba subire lunghe detenzioni per la carenza di braccialetti elettronici".