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Garozzo tira anche contro il razzismo

Scherma. L’olimpionico di Rio si racconta agli studenti all’istituto Scarpa di Oderzo

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ODERZO. Dalla piccola palestra di Acireale dove ha iniziato a 7 anni a tirare di scherma con suo fratello Enrico (argento olimpico) all’oro di Rio 2016. È questa la parabola sportiva raccontata ieri dal siciliano Daniele Garozzo, 25 anni, agli studenti dell’istituto Scarpa di Oderzo. Garozzo è testimone eccellente della possibilità di conciliare studio e sport, anche ad altissimo livello: dopo il diploma allo scientifico e l’arruolamento a 17 anni nelle Fiamme Gialle, Garozzo ha iniziato a studiare Medicina e sta per completare il percorso di studi: «La scuola mi ha insegnato a sacrificarmi per la scherma, il mio sogno fin da bambino», ha detto l’olimpionico. «Il mio appello è di praticare questo sport: a Treviso e Mestre ci sono palestre importanti anche a livello nazionale: non perdete l’occasione di provare, ne vale la pena».

Uno sport di nicchia, nel quale il caso di razzismo verificatisi durante Portomansuè-Treviso non si riesce neanche a immaginare: «Episodi simili sono rarissimi, a differenza del calcio in cui sono quasi all’ordine del giorno. La mia generazione vede il razzismo come una cosa stupida: fra atleti non ci sono mai questi atteggiamenti. Capita che fra il pubblico ci sia qualche imbecille, ma quando capita il palazzetto in cui si verificano quegli episodi è ricordato come un luogo della vergogna. Il consiglio che posso dare al calciatore vittima di razzismo è che se ne infischi degli insulti».

Garozzo ricorda ogni istante dei Giochi che lo hanno visto uscire trionfatore, dall’ingresso in un Maracanà gremito alla vista degli atleti di Nord e Sud Corea che mangiavano l’uno accanto all’altro («la dimostrazione che lo sport unisce»), fino alla finale. Era in vantaggio 14-7 contro Massialas quando è sceso il buio: «Avevo in mente un mio compagno che si era trovato a condurre una finale mondiale per 14-9 e aveva perso 14-15. L’ultima stoccata è stata il coronamento di un sogno. Dopo la finale non ho dormito per due giorni». Partito dalla sua Acireale, quando si è arruolato nella Guardia di Finanza e ha dovuto cambiare scuola, sta già pensando a Tokyo 2020: «Rivincere l’oro sarebbe un sogno immenso, ma nessun schermidore non c’è mai riuscito. Mi pongo piccoli obiettivi più vicini nel tempo per arrivare al top ai prossimi Giochi».

Niccolò Budoia

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