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Graziella Canuto, la trevigiana che tratta con la Camorra: «Era tutto falso, sono finita in trappola»

Treviso. La misteriosa storia di Graziella Canuto, la donna trevigiana della “trattativa” «Mi fidavo, quel finto camorrista mi era stato presentato da persone perbene»

di Federico de Wolanski
2 minuti di lettura

TREVISO. Grazia, Maria Grazia oppure Graziella, come si era candidata al consiglio comunale di Treviso nel 2013 a sostegno di Beppe Mauro. Tre nomi una stessa persona, «la Canuto», come viene nominata nella quarta puntata dell’inchiesta di Fanpage sui rifiuti. Chiamata in causa perchè «l’unica italiana che firma i permessi», una con le conoscenze e le entrature giuste, soprattutto in tema di rifiuti. “Bioarchitetto”, trevigiana, studio in via Piave, di lei non esistono tracce in rete, curricula o altro, solo partecipazioni a convegni e l’incarico di vicepresidente del Cad, associazione che si occupa di progetti di politica sociale... e rifiuti. Eppure è a lei che si rivolge l’ex boss della Camorra offrendo soldi sporchi per piazzare rifiuti e trovare un accordo.

«Puliti o no, basta che siano soldi...», lo dice lei no? E nei video lavora per fare l’accordo. Che dice?

«Una montatura incredibile, io ho accettato e portato avanti l’iniziativa perchè volevo vedere fino a che punto intendeva arrivare quell’uomo per poi denunciare tutto. Ero già pronta, avevo già allertato i miei legali, adesso dovranno occuparsi di denunciare per diffamazione chi mi ha gravemente danneggiato con questo video ».



Ma allora perchè non ha denunciato subito? Perchè ha seguito la trattativa fino ad arrivare alla consegna dei soldi nel trolley? Sperava di trovare i 2 milioni, c’erano i paccheri... o no?

«Sapevo che non ci sarebbero stati soldi, le pare che la mala gira con due milioni in mano? Era tutta una bufala e l’avevo capito. Ripeto, volevo vedere fino a dove si spingevano. Quel provocatore era una falso, e si capiva: mai un nome, mai un cognome, e poi quell’insistenza a sottolineare che i soldi erano sporchi. Mi hanno voluto tendere una trappola approfittando di una telecamera nascosta che raccontava solo una storia, non la verità».

Però il finto camorrista si è rivolto a lei.

«Io l’ho conosciuto a Ponzano, al Punto di Riciclo, me lo hanno presentato i titolari che sono persone perbene. All’inizio mi sono fidata, poi ho capito che c’era qualcosa di losco ...e se ho continuato a incontrarlo è perchè dopo anni di esperienza nella terra dei fuochi ho capito che per battere certa gente bisogna dargli corda, a parole».

Severin, proprietario dell’area di Marghera, nega di avere avuto rapporti con lei per l’area di cui tratta con il falso camorrista. A che titolo operava?

«Magari oggi, visto il clamore, la proprietà preferisce prendere le distanze, ma ho un mandato in bianco di cui posso darvi copia. E mi occupavo dell’area perchè sono una esperta in materia di bonifiche in situ, che era quello che si intendeva fare lì. Ho passato anni al Sud a lavorare con le amministrazioni per gestire l’emergenza rifiuti».

A proposito delle credenziali, in tutti i convegni è presentata come docente di Crimonologia ambientale all’università di Padova. Al Bo non c’è neppure il corso.

«Insegno al Ciels (campus privato, ndr

Non è la stessa cosa. E la consulenza al ministero? Anche lì negano. O l’incarico nella “commissione euro-finanziamenti”?

«Mi spiego, mi occupo di progetti per attrarre fondi europei. Forse nel presentarmi alle conferenze si tende a ingigantire».

Un’esperta come lei, eppure un fantasma in rete. Né una menzione, né un atto di incarico o una pubblicazione.

«Non faccio case o palazzi, lavoro per l’ambiente. In certi ambiti si lavora molto senza pubblicità».


 

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