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A Vedelago tutti i Beltrame del mondo: Il libro riunisce la famiglia

Vedelago, un’opera documenta e racconta l’emigrazione dei rami castellani. Dal Brasile all’Australia, un lavoro minuzioso assieme allo storico Cecchetto

di Elia Cavarzan
2 minuti di lettura

VEDELAGO. «Una sera di cinque anni fa mia figlia mi chiese: papà, perché tanti tuoi cugini sono all’estero? E noi da dove veniamo? Queste due domande mi hanno profondamente fatto riflettere sul come si stavano lentamente, ma neppure tanto, perdendo le radici della storia di chi ci ha preceduto». E così quel papà, Stefano Beltrame, di Albaredo, classe ’73, ha deciso di raccogliere informazioni, foto, attestati, racconti, testimonianze e di farsi aiutare dal frizzante intuito dello storico, Giacinto Cecchetto, per dare vita al libro: “I Beltrame, storia di una famiglia”.

Domenica scorsa, nella sala riunioni della biblioteca di Vedelago, la presentazione del libro di fronte a un grande pubblico: i Beltrame. Tra le sedie della sala riunioni il vociare era più o meno questo: «Queo xe el cugin de Mario». In fondo, non capita tutti i giorni che i ceppi familiari dei Beltrame, quasi per intero, convenissero tutti in uno stesso lugo. C’erano tutti: i Beltrame di Salvarosa, i Beltrame di Albaredo, di Castelfranco, di Vedelago, di San Martino di Lupari, Campigo, Godego, Riese... tutti, eccetto loro: i figli dei migranti.

Sì, perché Stefano Beltrame, tra l’altro il - forse - aspirante sindaco per le prossime amministrative del 10 giugno con le forze civiche, è andato a spulcialrsi assieme allo storico Giacinto Cecchetto anche i documenti dei migranti. L’America, il Brasile, l’Argentina, l’Australia e persino la Sardegna ad Arborea durante le bonifiche del Ventennio. L’esodo incontrollato. Forse il più grande dramma delle genti venete assieme alla restrizione della polenta per colazione, pranzo e cena.

Domenica mattina, mentre Giacinto Cecchetto e Stefano Beltrame parlavano, sembrava di assistere alle storie di tutte le nostre famiglie. Quel trasversale incombere della storia che tocca tutti: indipendentemente dal cognome. «Paradossalmente, con l’avvento dei computer e di internet stavamo perdendo la memoria», ha spiegato Stefano Beltrame, «da qui il desiderio di studiare la nostra storia che ci ha fatto diventare ciò che siamo, ma soprattutto, come detto, di lasciare qualcosa di scritto e tangibile, che forse oggi non verrà compreso, ma che può avere un valore importante per le discendenze future».

Un lungo percorso e un lungo lavoro. Talvota si parla di lotta contro la mezzadria del tempo, com’è il caso dello sfratto di Camata a Salvarosa, 1921, nel contesto delle prime lotte portate avanti dalle neonate “leghe bianche”, a volte di sofferenza e di stenti, ancora di mortalità infantile, e infine della gioia diffusa all’interno di quei numerosi nuclei familiari fatti di semplicità e lavoro. «Un grazie doveroso va allo storico Giacinto Cecchetto per la realizzazione di questo volume e per la passione, oltre alla professionalità che ha messo in campo», conclude Stefano Beltrame.

In fin dei conti, non si tratta di un libro che racconta la storia della “gens Beltrame”. Il libro riesce a dare un lucido spaccato del territorio castellano dalla fine del ’600 ad oggi. Lo stesso spaccato che oramai stenta ad arrivarci per bocca dei nostri nonni; sempre più stanchi di raccontare, sempre più stanchi di sentirsi diversi e lontani dal mondo dei loro nipotini. Ecco, si tratta proprio di un libro che riduce questa apparentemente insormontabile distanza tra generazioni ed epoche.
 

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