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Da Castelfranco una basilica di sabbia per Papa Francesco

Castelfranco. L’impresa di John Gowdy e della moglie Laura Cimador «Un’emozione unica la carezza di Bergoglio al nostro dono»

di Alessia De Marchi
2 minuti di lettura

CASTELFRANCO. Sono passati sette giorni dalla consegna ufficiale del dono nelle mani di Papa Francesco in piazza San Pietro, ma l’emozione nel raccontare l’impresa - realizzare una scultura di sabbia per Bergoglio - e «quella dolcissima carezza del Pontefice all’opera» è ancora così fortissima. John Gowdy, artista di origini statunitensi, e la moglie Laura Cimador, insegnante della scuola elementare Angelo Colombo di via Puccini, hanno scolpito con la rena del fiume Piave la basilica di San José de Flores a Buenos Aires, particolarmente cara al Papa che qui ha le sue radici.

Duecento chili di sabbia, recuperati da una cava di Crocetta del Montello, per riprodurre la chiesa che Bergoglio ha subito riconosciuto. «L’avete fatta proprio bella», ha commentato durante l’udienza generale del 18 aprile scorso in Vaticano sorridendo a John e Laura. Marito e moglie hanno lavorato a lungo al progetto.

«È stata la nostra sfida più bella», confessa Laura. «Un’impresa da Guinness», aggiunge John, «non solo per il valore materiale, ma anche per quello spirituale». Hanno lavorato sodo per portare a termine «questa grande esperienza artistica e umana». Prima per ottenere il sì alla scultura da portare in dono al Pontefice, «la prima in sabbia a entrare in Vaticano». Poi per realizzarla. Non è facile trasportare duecento chilogrammi di sabbia attraverso gli Appennini in un’auto stracarica di tu-tto l’occorrente per dare corpo a un progetto di scultura studiato nei minimi dettagli.

Lo scorso 18 marzo il primo sopralluogo a San Pietro con l’ok al progetto della basilica da donare a Francesco. Il 16 aprile il ritorno in Vaticano con la sabbia per scolpire, all’ombra di San Pietro, San Josè de Flores. Due giorni intensi di lavoro - «dalle 7 alle 17 senza interruzione» - affinché il dono fosse pronto per l’udienza generale di mercoledì 18. Laura descrive con minuziosa cura ogni particolare dell’opera:

«All’orologio della torre campanaria abbiamo fatto segnare l’ora esatta di nascita di Papa Francesco, le 21 del 17 dicembre 1934; dietro la basilica abbiamo scolpito lo stemma del suo pontificato, ... Dieci operai ci hanno aiutato a far scendere alla scultura finita i sette gradini necessari a raggiungere il passaggio del Papa». L’opera è stata realizzata con sabbia compattata, nessun collante a tenere uniti i granelli della rena del Piave. «E il timore per queste opere», ammettono marito e moglie, abituati a girare il mondo con le loro creazioni, «è sempre quello che possano all’ultimo sgretolarsi».

Così non è stato: la riproduzione della basilica argentina ha commosso il Santo Padre, l’ha sfiorata con delicatezza. «È proprio sabbia», ha detto ai coniugi Gowdy, prima di concedersi per una foto ricordo. «L’emozione più grande di sempre», ripetono marito e moglie, dall’alto di un palmares artistico di tutto rispetto. Nel 2009 la Casa Bianca li ha selezionati per la realizzazione di una scultura in Normandia a Utah Beach in ricordo de DDay.

«Per la basilica donata a Papa Francesco abbiamo scelto la sabbia del Piave con l’intento di ricordare la tragedia della prima guerra mondiale e, con essa, di tutti i conflitti e rilanciare l’impegno del Pontefice per la pace tra i popoli».
 

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