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La testimonianza di due studenti di Treviso: «A Liegi abbiamo visto il killer e i corpi»

Due studenti trevigiani, lui di Ormelle e lei di Colfosco, testimoni oculari dell’attentato. Bloccati in casa per nove ore

di Niccolò Budoia
2 minuti di lettura

ORMELLE. Quella di ieri sembrava una mattina come tante a Liegi. Mattia Roma, studente 24enne di Ormelle arrivato nella città belga in settembre per completare la propria laurea magistrale in Economia dopo gli studi condotti a Trieste, studiava con le finestre aperte per sopportare meglio il primo caldo che in questi giorni si è affacciato con insistenza anche sul Belgio. È stato verso le 10 che quella di ieri per lui si è trasformata in una giornata d’inferno, una di quelle che non andranno via dalla mente mai più: «Abbiamo sentito dei boati stranissimi», racconta il trevigiano, «non avevamo mai sentito rumori del genere. Per questo mi sono affacciato alla finestra». Quello che ha visto gli ha gelato il sangue nelle vene: un uomo, che qualche ora dopo si scoprirà essere il 31enne Benjamin Herman, stava sparando sui passanti in rue des Augustins, la via in cui Mattia abita da qualche mese.

Alla finestra allora è arrivata anche Ilaria De Nardi, trevigiana di Colfosco e studentessa di Lingue in Erasmus. Quando si sono resi conto per intero di cosa stava succedendo attorno a loro, è stata una mazzata: «Abbiamo visto il cadavere delle due poliziotte, l’attentatore entrare in un bar e subito dopo abbiamo intravvisto una persona accasciarsi: lì abbiamo capito». Herman aveva accoltellato le agenti prima di rubare a una delle due la sua pistola d’ordinanza. Con quella le aveva finite e aveva ucciso un diplomando che passava di lì nel momento sbagliato. Erano quelli i boati che avevano sentito. L’attentatore è entrato nella scuola della vittima, ma Ilaria e Mattia non lo hanno potuto vedere mentre prendeva in ostaggio un inserviente. Erano già rientrati in casa, spaventati: «Dopo un po’ abbiamo sentito un conflitto a fuoco molto lungo, avranno sparato almeno 20 colpi. Ci siamo riaffacciati quando è finito e abbiamo visto che l’attentatore era morto, ma subito i poliziotti ci hanno ordinato di ritornare dentro. E così abbiamo fatto», ricorda Mattia.

Né lui né Ilaria hanno sentito gridare “Allah akbar”, ma è anche vero che l’attacco è iniziato nel boulevard vicino e solo in un secondo momento si è spostato in rue des Augustins, una laterale: «Sapevamo che il Belgio è un paese dove l’islam è radicalizzato, ma la vita di ogni giorno qui è normalissima. Oggi vediamo facce tristi e impaurite, ma Liegi è una bella città, anche se ha la nomea di non essere troppo sicura», dice Mattia, che ha ancora negli occhi le scene che ha visto: «Vivere il terrorismo è terribile. È la prima e spero ultima volta che mi capita di vivere situazioni di questo tipo». La loro strada è rimasta chiusa per quasi 9 ore: la polizia ha eseguito i rilevamenti fino alle 19, quando i cadaveri sono stati rimossi e la vita è tornata più o meno alla tranquillità. Mattia e Ilaria hanno avuto nove ore per pensare a quello che avevano visto, a quale tragica e sanguinosa pagina di storia avevano fatto da testimoni: «Siamo sotto shock. La polizia non ci ha chiesto nulla a riguardo di quanto avevamo visto nella mattinata». Dovranno dimenticarsene in fretta. Già da stamattina dovranno ricominciare a studiare per i loro esami, che non li aspetteranno. Consapevoli che quanto vissuto ieri non li abbandonerà mai, per tutto il resto della loro vita.
 

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