I Hate Milano

di Mister Milano

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Storia ragionata di Salvini, il paninaro inventato dalla sinistra
Matteo Salvini

Storia ragionata di Salvini, il paninaro inventato dalla sinistra

Esattamente tre anni fa, all’indomani delle elezioni comunali di Milano, la carriera politica di Matteo Salvini stava deragliando.

Dopo aver promesso per tutta la campagna elettorale il sorpasso su Forza Italia, la Lega era 8 punti sotto. Ma non era solo Milano: perdeva Varese e buona parte delle roccaforti storiche, tanto che sui giornali, gli analisti scrivevano che il tentativo di Salvini di trasformarla nel Fronte Nazionale italiano era fallito. La sua leadership veniva apertamente messa in discussione dai colonnelli del partito, Bobo Maroni in testa.

Posto che nel 2016 i migranti c’erano già, anzi più di adesso, e così la retorica contro l’Euro, i professoroni, la ruspa!, la Bestia eccetera, bisogna chiedersi come sia possibile  che, appena tre anni dopo, Salvini si sia preso l’Italia con una prova di forza seconda in Europa solo ad Orban in  Ungheria – un Paese che non ha certo la tradizione democratica che ha il nostro - e questo nonostante una narrazione mainstream che lo ha identificato nel migliore dei casi come un lazzarone, nel peggiore come il naturale erede di Balbo, Grandi e Farinacci.

La risposta, con buona pace di sentinelle e sentinelli, è contenuta nella domanda.

Una delle grandi specialità del nostro Paese è la sua impareggiabile capacità di trasformare in miti dei mitomani. Succede in ogni ambito, con certezza matematica, ed è esattamente quanto accaduto con Salvini.

Come avevamo scritto in questo articolo di 4 anni fa , il leader della Lega è un tizio talmente fascista che in gioventù bazzicava il Leoncavallo e aveva come grande amico il consigliere di Rifondazione Comunista “Atomo” Tinelli. È talmente un patriota che ancora nel 2009, a trent’anni passati, chiedeva vagoni separati per i meridionali nella metropolitana di Milano. È talmente un difensore della famiglia e delle radici cristiane dell’Europa che per anni se ne è stato al fianco della transessuale Efe Bal per chiedere la riapertura delle case chiuse.

Salvini, insomma, è da sempre un paninaro, ovvero un politico completamente de-ideologizzato, interessato a nient’altro che al consenso e disposto a tutto per ottenerlo. Il modo migliore per contrastarlo, sarebbe stato trattarlo come  per anni è stato trattato a Milano, ovvero come un ganassa con il vizio di spararla grossa ma sostanzialmente inoffensivo .Invece, una classe dirigente e intellettuale di sinistra allo sbando, non ha trovato niente di meglio da fare che eleggerlo a Nuovo Pericolo Pubblico Numero 1, dopo che il Vecchio Pericolo Pubblico Numero 1, ormai ultraottantenne e ridotto a controfigura di Tutankamon, aveva imboccato per sempre il viale del tramonto.

Per coprire la propria mancanza di idee, di contenuti, di narrazioni, la nebulosa della sinistra italiana si è inventata di sana pianta il fenomeno Salvini, mettendolo constantemente sotto i riflettori fino a renderlo fosforescente. Difficile e rischioso reinventare il proprio ruolo nell’epoca degli influencers, del declino della stampa e di una società più che liquida, gassosa: molto più facile prendere la scorciatoia, identificare un nemico e accusarlo di ogni male, illudendosi che questo bastasse a far scordare il proprio vuoto pneumatico.

È accaduto l’esatto contrario: Salvini è diventato l’unico argomento di discussione del Paese, tanto che ad oggi chiunque, anche il più distratto degli osservatori, è perfettamente in grado di riassumerne le idee mentre non ha la più pallida idea di chi sia Zingaretti o quale sia la ricetta del mondo progressista per gestire l’immigrazione o il rilancio dell’economia. 

Un vero e proprio suicidio di massa illustrato magnificamente dell’harakiri andato in scena allo scorso Salone del Libro, dove grazie agli intellettuali di cui sopra un libretto che neppure Giorgetti avrebbe mai avuto il coraggio di leggere, è stato trasformato in simbolo della libertà di espressione.

Il bello è che tutto questo processo, per chi lo ha creato, ha funzionato a meraviglia: scrittori che nessuno legge, vignettisti sopravvalutati, cuochi tatuati, cantanti scaduti e varia umanità che sta nel mezzo, dalla battaglia “identitaria” contro Salvini si sono enormemente avvantaggiati. Intere carriere, negli ultimi anni, si sono formate o sono state rilanciate alla grande dalla lotta al Capitano grazie alla indignazioncina “di posizionamento”, e c’è da scommettere che il processo continuerà con più forza di prima, magari imputando a Salvini anche l’Olocausto, la Guerra dei Cent’anni e - perchè no? – lo scontro tra Orazi e Curiazi, tra prime pagine ancora più indignate e chiamate alle armi ancora più appassionate.

Nel frattempo, chiunque abiti in periferia o lavori nella gig economy o lotti a mani nude contro gli innumerevoli problemi posti dalla contemporaneità si troverà ancora più solo, finendo per scegliere o la strada della definitiva disillusione o la resa incondizionata all’abbraccio del Capitano.

Altro che bacioni: Salvini, a compagni ed editorialisti con la puzza sotto al naso, dovrebbe erigere un monumento.

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