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Mafia, il procuratore Dolci: "Nessuna zona franca in Lombardia"

Mafia, il procuratore Dolci: "Nessuna zona franca in Lombardia"

Non esiste nessuna zona franca dalla criminalita' organizzata in Lombardia. Il concetto e' stato espresso dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Alessandra Dolci in un incontro alla 'Sala Dino Buzzati' del capoluogo lombardo per presentare il libro del giornalista Paolo Borrometi 'Un morto ogni tanto'. Un'opera dedicata anche all'infiltrazione della mafia nella Sicilia sud - orientale, un tempo soprannominata, come ha spiegato il professor Nando Dalla Chiesa, 'la provincia babba', cioe' che "non ha la mafia, un'espressione che spiega la legittimazione culturale della mafia in Sicilia". "In Lombardia - ha spiegato Dolci - non ci sono province 'babbe', come hanno dimostrato le nostre indagini in questi anni. Finora abbiamo individuato venti locali, ma la strada e' ancora lunga perche' in un'intercettazione ambientale di un'inchiesta di qualche anno fa si parlava di '500 soldati' affiliati alla 'ndrangheta e noi ne abbiamo individuati per ora solo 200".

Dolci ha voluto sottolineare l'importanza della prevenzione nelle scuole sul tema delle mafie: "E' un mio impegno primario andare nelle scuole. Se gia' due o tre studenti su cento recepiscono il messaggio sono soddisfatta, ma anche se nessuno lo recepisse sarebbe mio dovere morale continuare ad andarci. Siamo votati all'omerta' fin da piccoli, quando chi collabora con la maestra viene considerata una spia ed educato a non collaborare con la legittima autorita'". Un atteggiamento, quello dell'omerta', che caratterizza poi gli imprenditori quando vengono chiamati a collaborare nella indagini: "Durante gli interrogatori - ha evidenziato Dolci - spesso mi chiedono cosa lo Stato potrebbe dargli in cambio se dovessero fornire un aiuto. Non lo sentono come un dovere, ma come un patteggiamento con l'autorita' e questo e' inaccettabile". Sul tema della scuola, e' intervenuto anche Borrometi sottolineando l'importanza di "fare ragionare i ragazzi su quello che hanno intorno e meno sui massimi sistemi". A questo proposito, ha ricordato quando, dopo avere fatto i nomi di alcuni capimafia nelle scuole di Vittoria, i familiari dei boss chiesero al preside "un incontro riparatore" con gli studenti per spiegare perche' i loro congiunti fossero in galera. Un incontro che, ha ricordato il cronista, venne evitato grazie all'allora Ministro Valeria Fedeli.

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